Che il pigmento destinato a colorargli i sentimenti fosse il nero mischiato con l'azzurro sembrava destino. Al Latina, appena diciottenne, la maglia era quella lì. Certo però, quella combinazione cromatica esisteva anche in forme più autorevoli. E Alessandro Altobelli l'avrebbe saputo, a contatto con la sua pelle, dopo una parentesi al Brescia.
Era un centravanti, Sandro, ma non di quelli che sono abituati a popolare le aree di rigore facendosi largo a spintoni e gomitate solenni. Anche perché il fisico ricevuto in dote per genetica, asciutto e tutt'altro che imponente, lo costringeva a virare sul altre caratteristiche. Superava di poco il metro e ottanta e pesava più o meno settantatre chili. Abbastanza per guadagnarsi il soprannome di "Spillo", che lo avrebbe accompagnato per tutta la carriera.
All'Inter ci arriva nel 1977, dopo i ventisei gol segnati con la casacca delle rondinelle. Il mister della Beneamata, Eugenio Bersellini, ci vede qualcosa di promettente, in questo ventiduenne che si muove elettrico tra le maglie delle retroguardie altrui, che sa calciare di destro e di sinistro, che stacca forte di testa a dispetto dell'altezza e che esegue ogni intenzione con una rapidità che frega senza sosta gli avversari. Altobelli, in area, sblocca un opportunismo di un nitore esaltante.
Alla prima con i nerazzurri più nobili segna dieci gol, conquistando subito la benevolenza del tifo e smentendo le fesserie pronunciate da quanti lo giudicavano inadatto come prima punta. Ma è con l'arrivo di Evaristo Beccalossi, l'anno successivo, che l'intero potenziale di Spillo pare stapparsi. La coppia si intende con modalità esuberanti, gli spazi aperti per Sandro si moltiplicano, le occasioni da gol pure, inevitabilmente. Il duo mette i denti alle ambizioni nerazzurre e, nel 1980, arriva infatti il primo meritato scudetto di quel nuovo ciclo. Altobelli se la gioca fino all'ultima giornata anche per il trono dei cannonieri: alla fine ne fa 15, ma Bettega lo precede di una sola rete.
Spillo segnava caterve di gol, ma c'è una partita in particolare che è rimasta scolpita nella memoria del tifoso interista. Trattasi del dilagante successo per 4-0 contro l'odiata Juventus, alla nona giornata della stagione 1979-80. Eppure la Beneamata aveva iniziato al rilento, contratta dalla fatiche di coppa (contro il Borussia Dortmund) e la Juve sembrava girare meglio. Però l'Inter tiene botta e guadagna un penalty proprio per un fallo di Scirea su Altobelli, a inizio ripresa. Sul dischetto si presenta lui e fa 1-0. Poco dopo Sandro approfitta di un retropassaggio sanguinoso e mette dentro il raddoppio. Poi serve l'assist a Muraro per il terzo e, ancora non sazio, infila il suo tris personale al '79. Un successo dirompente e fondamentale, visto che alla fine il campionato lo vinceranno i nerazzurri di Bersellini.
Con l'Inter solleva anche due coppe Italia e risulta ancora oggi il miglior realizzatore della competizione, con 56 palloni sbattuti alle spalle dei portieri. Di lui un difensore granitico come Pietro Vierchowood dirà: "Insieme a Van Basten, uno degli attaccanti più forti che io abbia mai incontrato".
Dal club se ne andrà dopo una decade luminosa e farcita di gol, a causa di un litigio impossibile da ricomporre con Giovanni
Trapattoni. Ma lasciando alquanto impressi nella memoria del tifoso nerazzurro 128 gol in serie A, 46 in coppa Italia, 35 nelle gare internazionali. Ed un legame indissolubile. Succede, quando il colore ti si attacca alla pelle.
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