Invece di scontrarsi nel complicato terreno della politica del calcio, alleanza sui generis tra la Federcalcio italiana e quella turca per mettere la Uefa più o meno di fronte al fatto compiuto per l’organizzazione dei Campionati Europei di calcio 2032. La notizia, annunciata venerdì mattina da un comunicato della Figc, segna un netto cambio di passo rispetto alle intenzioni annunciate lo scorso aprile, con l’Italia che aveva presentato un dossier all’organizzazione europea del calcio chiedendo di riportare la kermesse continentale nel Bel Paese dopo l’esperienza del lontano 1980. Il “nuovo Rinascimento”, quindi, vedrebbe le partite del campionato europeo divise tra i due paesi, con la partita d’apertura ad Istanbul e la finale all’Olimpico. Una scelta sorprendente che non mancherà di causare polemiche e qualche mugugno tra chi sperava di approfittare dell’occasione per rifare il look agli stadi della Serie A.
Gravina: “Svolta storica”
Il presidente della Figc Gabriele Gravina si dice entusiasta di questa scelta che sta diventando la normalità nei tornei internazionali, visto anche il prossimo mondiale diviso tra Canada, Messico e Stati Uniti. “Siamo di fronte a una svolta storica che ha come obiettivo la valorizzazione del calcio continentale. Il progetto, oltre ad avvicinare due realtà consolidate nel panorama calcistico europeo, esalta i valori di amicizia e cooperazione, coinvolgendo due mondi contraddistinti da profonde radici storiche, due culture che, nel corso dei millenni, si sono reciprocamente contaminate influenzando in maniera sostanziale la storia dell’Europa mediterranea. Il calcio vuole essere un ponte ideale per la condivisione delle passioni e delle emozioni legate allo sport”.
Se i legami storici tra Italia e Turchia sono innegabili, la situazione politica ed i rapporti con il controverso regime del presidente Erdogan, certo non un paragone quando si tratta di trasparenza o diritti delle minoranze, non sono certo ideali. In passato, infatti, quando varie nazioni hanno organizzato assieme un europeo si trattava di paesi confinanti ed estremamente simili dal punto di vista culturale, come successo ad esempio nel 2000 con Belgio e Paesi Bassi o nel 2008 con Austria e Svizzera. Stavolta, a parte la distanza geografica non indifferente, le differenze politiche e culturali sono certo più rilevanti.
La spinosa questione stadi
I più preoccupati, però, saranno le varie amministrazioni comunali che avevano visto il dossier presentato lo scorso 12 aprile all’Uefa come il grimaldello per risolvere i problemi legati alla ristrutturazione di molti impianti storici. A parte il fatto che rimarranno comunque due comitati organizzatori distinti, con evidenti problemi in quanto a stipendi e costi di ogni genere, la riduzione delle partite e delle sedi non è certo la benvenuta. I dieci stadi previsti, ovvero Milano, Torino, Verona, Genova, Bologna, Firenze, Roma, Napoli, Bari e Cagliari, dovranno essere tagliati a metà, lasciando molti a bocca asciutta. Quello che lo stesso Gravina aveva definito un “passaggio chiave per il percorso di sostenibilità del calcio italiano, in particolare sul fronte infrastrutture” si concentrerebbe quindi su un numero limitato di sedi, ancora da definire.
Anticipando gli evidenti problemi, il comunicato sembra mettere le mani avanti: “qualora l'Uefa accettasse la proposta presentata oggi, la selezione delle sedi ospitanti (tra quelle già ufficialmente candidate) e la definizione del match schedule del torneo, su cui le due federazioni su cui Figc e Turkish Football Federation propongono una suddivisione su base paritaria nel rispetto dell’autonomia delle reciproche competenze, sarebbero
rimandate ad una successiva valutazione”. Una questione niente affatto semplice che vedrà comuni e società lanciarsi alla caccia di quei cinque, preziosissimi posti e dei relativi investimenti pubblici.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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