Cambia tutto. «Si torna a studiare davvero»

SPERANZA Mai una legge così organica dai tempi della riforma Gentile del 1923

Qualcuno, alla buon’ora, si è reso conto che per la scuola superiore italiana quegli oltre 500 «indirizzi sperimentali» rappresentano solo un esperimento. Fallimentare. Ma nessuno si azzardi a colpevolizzare Giovanni Gentile che, nel lontano 1923, concepì una riforma severa e di grande modernità. Sì, modernità, perché incardinata su una serietà di fondo che ha retto per oltre 40 anni. Finché a umiliare la riforma Gentile hanno provveduto, nel trentennio successivo, i deliri pseudo-giovanilistici di quanti hanno dichiarato guerra a parole come «disciplina» e «meritocrazia»: termini considerati fuoricorso rispetto al new deal dell’«autogestione» che - dal ’68 ai nostri giorni - ha trasformato (con la colpevole complicità di un corpo docente ultrasindacalizzato) gli studenti in polli da batteria, ottimi per razzolare nei cortei di piazza tra il becchime ideologico lanciato dai professionisti della strumentalizzazione politica. Questa - ad oggi - la tremolante Polaroid della scuola italiana; qualsiasi tentativo per passare ad una macchina fotografica di qualità migliore è sempre fallito.
Il nuovo «sistema licei» elaborato dal ministro dell’Istruzione - approvato ieri in prima lettura dal Consiglio dei ministri - tenta ora un’operazione difficile: riformulare una nuova proposta didattica senza rinunciare ad alcuni capisaldi della tradizione. Punti qualificanti: sei licei e dieci indirizzi tra cui scegliere (con due new entry, il liceo musicale-coreutico e quello delle scienze umane), maggiore spazio alle lingue straniere, più ore di matematica, scienze e latino (che diventa obbligatorio allo scientifico). La riforma partirà gradualmente, coinvolgendo dall’anno scolastico 2010-2011 le prime e le seconde, per andare a regime nel 2013.
Un provvedimento che fa piazza pulita degli «oltre 500 indirizzi e sperimentazioni attualmente esistenti» e prevede un ciclo di cinque anni articolato in due periodi biennali e in un quinto anno che completa il percorso disciplinare.
«È una riforma epocale che modifica un impianto che risale alla legge Gentile del ’23 e che vuol coniugare la tradizione con l’innovazione privilegiando la qualità», ha spiegato Mariastella Gelmini, illustrando la «sua» legge in una conferenza stampa a Palazzo Chigi.
«La riforma appena varata - ha aggiunto il ministro dell’Istruzione - consentirà anche dei risparmi. Abbiamo guardato soprattutto all’interesse dei ragazzi e delle famiglie. La riforma è improntata alla qualità nella convinzione che possa andare di pari passo con un migliore impiego delle risorse». E poi: «L’interesse dei ragazzi è anche quello di trovare, una volta preso il diploma, un’occupazione; per questo abbiamo previsto una forte apertura al mondo del lavoro».
Apertura che si concretizza con la possibilità, a partire dal secondo biennio, di svolgere parte del percorso attraverso l’alternanza scuola-lavoro, stage o in collegamento con il mondo dell’alta formazione: università, istituti tecnici superiori, conservatori, accademie.
Un percorso già tentato (senza successo) dall’ex ministro dell’Istruzione e attuale responsabile Educazione del Pd, Giuseppe Fioroni, che però non perde l’occasione per buttarla il rissa politica: «Ormai la scuola è diventata proprietà privata del ministro del Tesoro. Tutto si basa su riformare non per migliorare ma per togliere soldi e procurare risorse con cui sanare il debito dello Stato».
E la Rete degli studenti? «Il canale duale proposto dalla Gelmini separa i saperi sulla base di una obsoleta impostazione tra sapere e saper fare, penalizzando entrambi i percorsi». «Canale duale»? A giudicare da come scrivono, nella loro «Rete» gli studenti hanno messo di tutto, ma non certo il buon italiano.
Nessun rimpianto, invece, da parte del ministro della Gioventù, Giorgia Meloni: «Questa riforma dà un salutare addio alle innumerevoli sperimentazioni, figlie della cultura sessantottina».


Chiude in «bellezza» Pierfelice Zazzera, capogruppo Idv in Commissione Cultura alla Camera: «La tanto decantata riforma per i licei altro non è che una riorganizzazione di facciata, un gioco delle tre carte».
E se lo dice Zazzera...

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