In piazza Missori angolo via Gonzaga, nel 1300, sorgeva la Ca'di Can, possente edificio fatto erigere dai Visconti e nel cui cortile si allevavano i feroci mastini che Bernabò Visconti usava per terrorizzare milanesi. Al collo i cani esibivano lo stemma della casata. E quando entravano nelle altre corti i cittadini avevano l'obbligo di sfamarli con carne fresca e riportarli dai Visconti in buona salute. Per questo la famiglia Pusterla eresse un cancello, per evitare di spendere tanti soldi dal macellaio. La Ca'di Can era la sede della giustizia e i delinquenti vi finivano sbranati. Si racconta che Bernabò abbia buttato ai cani suo nipote. Al signorotto milanese è dedicato un intero capitolo del libro «Vip, Very important pet, storia dei re e regine e dei loro amici animali» (Rossini), saggio storico scritto dal giornalista Enrico Ercole che ha unito le sue passioni, per le dinastie reali e per gli animali.
Non c'è spazio per la fantasia anche se alcuni ritratti troppo datati sono stati corretti con l'Intelligenza artificiale. «L'idea del libro è nata studiando la principessa Sissi. Appresi che era appassionata di cani di grossa taglia contrariamente alle dame dell'epoca che sfoggiavano cagnolini. Era anticonformista e si circondava di Irish Wolfshound (levrieri irlandesi) che in Irlanda proteggevano le greggi dai lupi e di Leonberger. Il suo preferito lo chiamò Houseguard». Così Ercole ha iniziato a cercare quali fossero gli animali da compagnia di altri regnanti ed è nato il libro. Ludovico Gonzaga, marchese di Mantova, fece battere palmo a palmo il suo feudo per ritrovare l'amato Rubino, lo splendido cane che si è meritato perfino l'onore di essere ritratto dal Mantegna.
E che dire di Maria Antonietta che scelse i carlini tedeschi osteggiati a corte perché simbolo di predilezione per la Germania? La Regina di Francia ricevette in dono da un mercante turco anche un incantevole gatto d'angora, «la leggenda narra che durante la rivoluzione il micio e i suoi eredi siano stati spediti in America dal generale Lafayette e si siano incrociati con i procioni del Maine dando origine alla razza Maine Coon». Felino d'angora anche per Luigi XV che lo battezzò Brillant per via del prezioso collare in diamanti. Il felino poteva acciambellarsi sul trono mentre fu dato l'ordine ai nobili di prestargli rispetto e furono allontanati i cortigiani invisi al gatto.
Gattari anche i papi: il soriano di Papa Leone XII fu lasciato al poeta Chateaubriand che ebbe a dire: «Ne ho piene le scatole di questa bestiaccia». Ma il più famoso è stato Cico, il micione rosso e bianco lasciato da Papa Ratzinger a una coppia in Baviera che lì ha ricevuto centinaia di visite.
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