Luciana Caglio
Cade di giovedì il 22 settembre, giornata internazionale allinsegna del motto «In città senzauto». E in Ticino, sfruttando la coincidenza con un giorno feriale, sintende attribuire alla ricorrenza una dimensione e un significato ben diversi da quelli delle abituali domeniche senzauto. Questa volta, infatti, non si tocca la sfera del tempo libero, invitando i cittadini a riscoprirsi pedoni o ciclisti della festa, ma sinterviene sul fronte della quotidianità attiva, sollecitando chi si sposta per motivi professionali, sociali e consumistici, a rinunciare alla macchina. E per rendere la proposta operativa, numerosi comuni del Cantone, Lugano in testa, si sono impegnati a offrire lalternativa dei trasporti pubblici gratuiti. Un apposito tesserino consentirà di usufruire liberamente di autobus, treni regionali e battelli per almeno un giorno: che, ed è lobiettivo dellesperimento, potrebbe creare una nuova abitudine. Insomma lauspicato primo passo verso la riconversione da automobilista privato a utente dei mezzi pubblici. Si mira, in particolare, al pubblico dei frontalieri, oltre 32mila, che ogni giorno entrano in Ticino, a bordo del proprio veicolo, affrontando spostamenti, magari brevi, ma dilatati da concentrazioni di traffico assurde: considerate però inevitabili. Mentre, secondo gli addetti ai lavori, esistono altre possibilità praticabili e la giornata di giovedì vuol dimostrarlo positivamente e concretamente, senza divieti né multe e senza sfoggi di retorica celebrativa. «Si tratta - osserva Claudio Caccia, responsabile di Svizzera Energia per i Comuni - di far maturare la mentalità attraverso il ragionamento: il cittadino deve rendersi conto delle conseguenze, dirette e indirette, delle proprie scelte. Luso indiscriminato della macchina provoca stress individuale e situazioni di disagio collettivo. Occorre, insomma, guardare al fine e non soltanto al mezzo. Ma il messaggio va rivolto in modo simpatico, senza punire né demonizzare nessuno: automobilisti siamo tutti noi». In questa operazione dissuasiva dallutilizzo irragionevole dellauto sono coinvolti i singoli cittadini, ma anche le autorità cantonali e comunali e le aziende. Con questultime sintende aprire un dialogo concernente, appunto, la mobilità dei propri dipendenti: «Favorendo - precisa Caccia - soluzioni di spostamenti collettivi, premiando per esempio con un buono pasto chi rinuncia alla macchina. Ovviamente, queste soluzioni implicano il potenziamento dei trasporti pubblici, che vanno resi più duttili e adeguati alle esigenze dei lavoratori. Molto dipende, però, dai comportamenti personali che si possono correggere».
E indizi, in questo senso, già si avvertono. Basti pensare a iniziative come «Pedibus invece di autobus», con cui gruppi di genitori si sono organizzati per accompagnare a piedi, a turno, i bambini delle scuole o ai frontalieri che viaggiano sulla stessa macchina per raggiungere il posto di lavoro. Per non parlare dellimpegno, anche politico, con cui, ad esempio, a Lugano ci si batte per ottenere piste ciclabili in città, trasformando la bici in un mezzo di trasporto che sostituisce lutilitaria.
Con ciò, proprio il Ticino rimane un terreno ostico alla causa anti-macchina. E per motivi, innanzi tutto, naturali in una regione collinare e montuosa, e poi urbanistici: il Cantone si presenta come una grande periferia che costringe, ogni giorno, al pendolarismo migliaia di lavoratori e di studenti. Fatto sta che, in Svizzera, i ticinesi si sono conquistati il primato, oggi tuttaltro che invidiabile, di automobilisti più assidui. Si registrano, al sud delle Alpi, 129 veicoli per 100 famiglie e, al nord, 117. Il rapporto auto-persona - 1,71 è la media nazionale - in Ticino scende a 1,49, mentre il 30 per cento dei ticinesi possiede due macchine contro il 24 per cento degli svizzeri. Commentando questi dati, i ricercatori dellUfficio statistico cantonale alludono a un fattore culturale: «Il Canton Ticino è simile allItalia, e con le province italiane confinanti condivide un alto grado di motorizzazione, sconosciuto nel resto della Svizzera».
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