Capello e Rooney devono vendicare una beffa di 60 anni fa

Partenza facile con gli Usa, ma gli inglesi ricordano il ko del 1950. Don Fabio: "Italiani, tifate per la nazionale"

Capello e Rooney devono vendicare  una beffa di 60 anni fa

C’è l’America. Ma è quella del pallone, roba piccola per intenderci. La vera America è l’Inghilterra. Gioco paradossale di parole e di football, oggi incomincia l’avventura, l’ennesima, di Fabio Capello, ieri ha detto mille cose in dialogo telefonico con Piero Chiambretti in Chiambrettopoli, su Radio 2: «È stata un'attesa lunga, troppo, dieci giorni, per fortuna si gioca. Mi dispiace che in Italia ci sia un'atmosfera contraria alla nazionale, forse è accaduto qualcosa a livello di comunicazione ma l'Italia è campione del mondo, chiedo agli italiani di incitare la loro nazionale. Io sono orgoglioso di allenare l'Inghilterra, sento alle nostre spalle la spinta di tutto il Paese, dei tifosi, della stampa.

Quale è il nostro schema? 9-1, tutti difendono, tutti attaccano, non credo ai numeri, credo nei buoni calciatori e penso che un allenatore sia importante ma c'è differenza tra una banda e un'orchestra, anche se sei un buon direttore d'orchestra ma hai cattivi elementi diventa una banda. Guadagno 10 volte Maradona? Lui da calciatore guadagnava 10 volte più di me. Rooney maleducato? No, è istintivo, spontaneo, sarà il suo mondiale». E per finire: «L'inno inglese? Non lo canto ma mi emoziona sentire il pubblico cantarlo, è emozionante. Io tiferò Inghilterra».

Ottimo e abbondante. Questa è la vigilia di una partita che sta nella storia. Inghilterra-Stati Uniti fa venire in mente quella volta lì, quando i maestri le buscarono. Sì, il fatto non avvenne per scherzo, in un’amichevole, ma proprio al mondiale, nel Cinquanta, in Brasile. Un paio di note per capire l’evento e intendere quello che vivono oggi inglesi e americani. Dunque il 29 giugno del millenovecentocinquanta, a Belo Horizonte, l’Inghilterra di Ramsey e Billy Wright, di Finney e Mortensen perse per un gol di tale Joe Gaetjens al minuto 38. C’era un po’ d’Italia per quel momento epocale che venne definito il Miracolo dell’erba: l’arbitro si chiamava Generoso Dattilo.

Bene, per una roba del genere pensate un po’ che feste a New York o Baltimora. No, please. A Belo Horizonte era presente un solo giornalista yankee, Dent McSkimming del St.Louis Post Dispatch. Nemmeno inviato, il giornale non gli volle pagare la trasferta e allora Dent, appassionato di calcio, si prese le ferie, si pagò il viaggio e l’ostello, fece il suo resoconto dal quale venne anche tratto un libro di Geoffrey Douglas e anche un film. Avete capito che oggi c’è qualcosa di più di una partita, come accade spesso nel gioco del football, c’è il confronto tra due Paesi alleati in tutto o quasi ma non in questa disciplina se non per merito antico di Bobby Moore, emigrato agli esordi del soccer di New York, e di David Beckham, star di Los Angeles.

Ma oggi non c’è tempo per nostalgie, oggi l’Inghilterra mette a fuoco l’obiettivo delle sue macchine fotografiche per due personaggi: Fabio Capello e Wayne Rooney. Il Nostro è stato appena indicato dal premier Cameron come «l’uomo più importante del Paese» e dunque è suo il messaggio inviato alle truppe impegnate in Afghanistan. Non poteva immaginare il bisiaco Capello di arrivare a tanto, di essere celebrato come il nuove re d’Inghilterra. E di avere un suddito che potrebbe diventare principe, Rooney è questo, Wayne secondo scelta araldica di famiglia, come suo padre, come suo nonno, perché il popolo povero di Croxteh, la fetta più grigia di Liverpool, sa che è il momento, è l’ora di Rooney, il ragazzo che se lo incontri in un corridoio buio, tra i mattoni rossi e sporchi ancora di carbone, alzi le mani e molli il portafoglio, quel collo da toro, quella testa rossa, niente fascette, niente orecchini di diamanti, tatuaggi in dosi industriali, J E E P, sotto l’avambraccio, l’acronimo di Just enough education to perform, titolo dell’album musicale della band Stereophonics, la preferita da Wayne.

È il suo mondiale, è l’occasione per crescere ancora anche se a ventiquattro anni sembra già un veterano in questo calcio che brucia in fretta tutto, anche i suoi eroi. A Croxteh viveva con ottanta sterline al mese, adesso regala una Bentley alla moglie Coleen che non è proprio una sventola di femmina ma guadagna un sacco di quattrini con la pubblicità, perché l’Inghilterra è il Paese delle wags, wives and girl friends, quelle tenute a distanza da don Fabio Capello.

I colleghi inglesi scrivono che Rooney può essere Pelè, corrono troppo, Wayne ha forza, Wayne ha stile, Wayne ha fame, ma O rei era una cosa diversa, a diciassette anni era già campione del mondo, lui nero, fenomeno autentico di un mondo non ancora a colori.

Gli Stati Uniti non sono quelli del Cinquanta ma non si sa ancora bene che cosa effettivamente possano essere. Barack Obama non sarà presente all’evento, ha spedito Biden come rappresentante del Paese. L’Inghilterra non abbisogna dei Windsor, ci sono già un re e un principe pronti a sfidare il mondiale.

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