Magari fossero Pari queste opportunità... Invece tocca tutto a lei. In ordine sparso: farsi perdonare per la «scorsa» vita da showgirl (peraltro in programmi per famiglie), essere il ministro più bello del mondo, cambiare look, difendersi dai gossip, dimagrire, far involontariamente infuriare Veronica Lario (per quella volta che Silvio Berlusconi, ai «Telegatti» se ne uscì con il commento «se non fossi già sposato, la sposerei subito»). E ancora: tagliarsi i capelli, fidanzarsi, essere fraintesa dai gay e farli infuriare, annunciare le nozze, chiedere scusa ai gay, tenere il punto sugli inceneritori, minacciare di andarsene dal governo, votare la fiducia, ri-di fendersi dai gossip (altri, stavolta), restare nel governo, bisticciare con la Mussolini, partecipare a Matrix difendendo il premier, firmare un protocollo per la difesa dell’immagine delle donne nella pubblicità... adesso, oggi, sì, cioè ieri, con questi chiari di luna, insomma. E poi trovarsi sotto assedio a Palazzo Chigi come in una qualsiasi puntata di Annozero, con la cronista dell’Unità che in conferenza stampa le rinfaccia: e allora, ministro Carfagna, quando i calendari li faceva lei?
E quindi ricominciare il giro daccapo: «Ma questo cosa c’entra? Non rinnego assolutamente quello che ho fatto in passato… (il calendario di Max, ndr)». Non c’è pace per Maria Rosaria Carfagna detta Mara, da Salerno, classe 1975. E dire che la parabola della ministra è davvero degna di plauso. Da un sacco di punti di vista. Si è preparata, reinventata, reimpostata. Dal diploma in ballo al San Carlo di Napoli al Consiglio dei ministri. Dai jeans stretti con i toppini corti, alle borse Kelly con le camicette di seta. Complice un proibitivo taglio di chioma (diciamo la verità, in quante potrebbero permettersi quella pettinatura?) che «ce l’ha presa» procace reduce degli anni Ottanta e «ce l’ha restituita» affusolata aristocerbiatta di porcellana. Indossa il bon ton senza menarcela col bon ton, la ministra. Unghie corte, trucco leggero, gioielli dosati, gesti eleganti. E sembra che sia sempre stata nient’altro che questo: una signora. Oggi pare una che ha alle spalle nobili dinastie la Carfagna, quando in realtà ce le avrà probabilmente davanti se il prossimo 13 maggio, come si dice, sposerà il facoltosissimo fidanzato, Marco Mezzaroma. È composta, mai sguaiata (vabbè, a parte quel vajassa che le è partito all’indirizzo della Mussolini per un rigurgito di «salernità»), efficiente, elegantissima.
La Carfagna è un miracolo dal collo lungo. Una sorpresa con una padellata d’occhi. Una scommessa vinta. E invece ancora ieri, stavano lì a rinfacciarle le pose sexy del calendario di dodici anni fa. A sfottere la tempistica dell’iniziativa del codice di autodisciplina pubblicitaria che ha deciso di promuovere per impedire che nelle campagne, il corpo delle donne venga usato in maniera volgare e distorta «spero che su questo tema non si facciano piccole speculazioni politiche» ha precisato ieri, confessando di aver anche valutato la possibilità di rimandare la presentazione del protocollo. Sì, insomma, di aspettare tempi migliori per parlare di un tema come questo. Ma tanto a interessare di più ieri, era il fatto che il ministro per le Pari opportunità «si permettesse» di prendere un’iniziativa a tutela dell’immagine femminile visto che gli scatti ammiccanti, una volta, hanno immortalato pure lei. E lei che lì, nel suo chicchissimo tailleur nero, tra la bandiera italiana e quella della comunità europea, a dover «fare un Ballarò» come direbbe la Littizzetto: «Ma non è il suo giornale (l’Unità, ndr), ad aver scelto una campagna pubblicitaria che ricorre all’immagine di un fondoschiena?» ha risposto alla giornalista.
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