È Carmine Abate con il libro «Gli anni Veloci» (Mondadori) il vincitore della terza edizione del «Premio letterario Tropea». Un successo schiacciante quello dello scrittore calabrese che, con 263 voti (pari al 76% dei suffragi totali della giuria popolare), ha schiacciato gli altri due finalisti scelti dalla giuria tecnica presieduta da Isabella Bossi Fedrigotti.
Il secondo posto è, infatti, andato con 53 voti a Paolo Di Stefano con «Nel cuore che ti cerca» (Rizzoli) , mentre al terzo posto si è classificato con 32 voti Mario Desiati con «Il paese delle spose infelici» (Mondadori).
Il responso della giuria popolare, formata dai 409 sindaci calabresi, dai membri dell'antica «Accademia degli Affaticati» e da un gruppo di studenti e cittadini tropeani, è arrivato sul palco di piazza Galluppi, a Tropea, al termine delle tre serate condotte da Pasqualino Pandullo e Livia Blasi, in cui i finalisti hanno illustrato le loro opere, mentre alcuni brani sono stati letti da due attori.
Le pagine del libro di Abate sono scandite dal ritmo e dalle parole delle canzoni di Lucio Battisti e anche del crotonese Rino Gaetano. Sono le musiche degli anni '70, che accompagnano la giovinezza del protagonista Nicola e del suo amore infinito, Anna. Romantico, nostalgico, appassionante e garbato il libro ha sempre un messaggio positivo, anche quando parla del lavoro duro degli operai alla Montecatini di Crotone e dell'emigrazione. E i lettori giurati hanno mostrato di preferire questa prospettiva di speranza e fiducia nell'avvenire alle tinte più tragiche e dolenti delle opere degli altri due concorrenti.
Nato 55 anni fa nella comunità albanese di Carfizzi (Crotone), Abate ha esordito come scrittore nel 1984 in Germania dove si era trasferico, con il saggio «Die Germanesi» (con questo termine venivano chiamati gli emigrati italiani in quel Paese). Ha vinto numerosi premi letterari pubblicando, fra gli altri, i romanzi «Il ballo tondo» (1991), «La moto di Scanderberg »(1999), «Tra due mari» (2002), «La festa del ritorno» (2004) e «Il mosaico del tempo grande (2006)».
Quando è stata annunciata la sua vittoria Abate ha, innanzitutto, espresso con estrema correttezza la sua stima per gli altri due finalisti, il siciliano Di Stefano e il pugliese Desiati, e ha ammesso di aver «giocato in casa». Poi, ci ha tenuto a dedicare il premio ai genitori, contadini emigrati in Germania: «Mi hanno insegnato - ha detto- l'umiltà e la dignità, due cose che in Calabria ancora esistono».
Il «Premio Tropea» è un riconoscimento sui generis, molto diverso da quelli tradizionali e più famosi che periodicamente scatenano le solite aspre polemiche. Sta conquistando pian piano la scena perché non vuole chiudersi in una cerchia letteraria, ma essere un evento culturale aperto, che invita alla lettura.
Guarda soprattutto alla Calabria, alla sua antica cultura, alla sua tradizione letteraria, ai suoi nuovi talenti e alle sue potenzialità che possono vincere la «sindrome di Calimero», diffusa tra i suoi abitanti. Ma ha la forte ambizione di diventare, a tutti gli effetti, un evento nazionale, quasi un salotto letterario a cielo aperto nella piazza di Tropea, in cui intellettuali di ogni genere possano confrontarsi in modo interessante.
Quando il riconoscimento è nato, nel 2007, il vincitore è stato Roberto Saviano con «Gomorra» e l'anno scorso è toccato a Gianrico Carofiglio con «Ragionevoli dubbi».
Ma ogni volta, oltre ai tre finalisti, il Premio offre spettacolo letterario e musicale e ospita tanti altri scrittori, impegnati nei campi più diversi.
Quest'anno, tra gli altri, c'erano il portavoce dell'Opus Dei Pippo Corigliano che ha presentato il suo libro «La mia vita nell'Opus Dei» e un intellettuale di sinistra come il conduttore di «Fahrenheit» di Radio 3 Felice Cimatti, che ha parlato del suo «Il possibile e il reale. Il sacro dopo la morte di Dio». L'antropologo Mauro Minervino ha spiegato perchè «La Calabria brucia» , in senso letterale e metaforico e il ventenne enfant prodige Matteo Mazzuca ha annunciato che sta preparando per settembre il seguito de «L'ultimo pirata». C'era anche Stefano Vincenzi, alto dirigente di Mediobanca al suo primo romanzo storico, «Verso Costantinopoli», dopo due libri di finanza.
« Il Premio Tropea è libero - ha assicurato la Bossi Fedrigotti-, perché su di noi non pesano le pressioni delle case editrici». Forse, anche per questo ha vinto un libro vero come quello di Carmine Abate.
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