Carne, dolce o verdura? I peccati di gola si ereditano

Una scoperta inglese: le scelte a tavola dipendono anche dal dna di famiglia

Lorenzo Amuso

da Londra

L’ereditarietà si esprime anche a tavola, tra una portata e l'altra. Se è vero che il gusto si forma con il tempo e l'esperienza, cena dopo cena, pare altrettanto certo che la predilezione per le carni rosse, la selvaggina o il pesce derivi dal bagaglio ereditario. Questo almeno il convincimento di un gruppo di scienziati britannici, secondo cui gran parte dei gusti dei bambini non sono altro che il riflesso delle inclinazioni culinarie dei propri genitori. Una teoria - sottolineano i ricercatori del Cancer Research UK - che vale soprattutto per i cibi ad alto contenuto proteico - quindi la carne e il pesce - meno per altri alimenti, come le verdure e i dolci, il cui gradimento presso i più piccoli è figlio di altri fattori. Per avvalorare la sua teoria la professoressa Jane Wardle - coordinatrice dello studio pubblicato dal Journal of Physiology and Behaviour - ha testato oltre 200 coppie di fratelli-gemelli (103 coppie omozigote e 111 eterozigote, dello stesso sesso e di età compresa tra i quattro e cinque anni) con l'obiettivo di distinguere l'influenza ereditaria dai condizionamenti ambientali.
È così emerso che la passione per i gusti forti, per le carni di manzo, agnello, pesce, così come per la pancetta, è un carattere direttamente ereditato dai genitori, mentre il piacere per le verdure (broccoli o carote), o per dolci quali le crostate, deriva principalmente da abitudini casalinghe. «Può succedere che un bambino che vede i propri genitori apprezzare o no una certa verdura, così come un dolce, si lasci condizionare - ha spiegato la professoressa Wardle -. Così come accade di frequente che un particolare cibo, sempre presente a tavola, finisca per essere apprezzato. Per esempio se nella cesta della cucina ci sono sempre e solo banane, il bimbo si convincerà che queste sono il suo frutto preferito». Comprendere le ragioni che si nascondono dietro i gusti dei più piccoli - sottolinea la ricercatrice britannica - è fondamentale perché può aiutare ad affrontare i numerosi problemi legati all'alimentazione, tra i quali l'obesità che nel Regno Unito rappresenta un'emergenza sempre più minacciosa. «Più saremo in grado di approfondire questo campo di studio e meglio potremo contrastare gli effetti dannosi delle cattive abitudini a tavola, che possono causare anche - nei casi più estremi - l'insorgere di forme tumorali». Pur facendo risalire l'inclinazione per la frutta e la verdura ai «condizionamenti ambientali», la Wardle ha anche ammesso che sono talmente numerosi, e non tutti evidenti, i fattori in gioco, che finora non è stato possibile stabilire quali tra questi influenzi maggiormente il palato dei più piccoli.
Lo studio britannico segue di qualche mese un'analoga ricerca, condotta a Filadelfia (Stati Uniti), che giungeva però a conclusioni opposte. Secondo i ricercatori del Monell Chemical Senses Center più che l'ereditarietà sono le abitudini acquisite nei primi mesi di vita a condizionare il gusto personale.

Ancor prima dei cibi solidi, sarebbero dunque le pappe che assumono i neonati a determinare quelli che poi saranno i sapori preferiti dell'adulto. Una sorta di imprinting infantile che permette di destreggiarsi tra i differenti sapori.

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