Spaventata dall'idea che tra Usa e Urss potesse scoppiare una guerra nucleare scrive una lettera a Jurij Andropov, appena eletto segretario generale del Pcus, scongiurandolo di non attaccare l'America. Samantha Reed Smith, dieci anni, è solo una dei tanti americani, soprattutto bambini e adolescenti, che inviano missive al leader comunista per chiedergli di impegnarsi per la pace. Una foglio di carta destinato ad affogare tra migliaia, se non milioni, di altre lettere. Ma il caso volle che Andropov risponda proprio a lei. «Cara Samantha, non ho nessuna intenzione di fare la guerra al tuo Paese, noi russi siamo un popolo pacifico, se non ci credi viene a trovarci». Invito prontamente accolto e il 7 luglio del 1983 inizia il viaggio della bambina verso l'Impero del Male. L'evento ha una copertura mediatica immensa, Samantha diventa una star mondiale, subito impegnata in viaggi intorno al mondo. Una popolarità che le sarà però fatale. Al rientro di uno dei suoi viaggi il suo aereo cadrà al suolo. Ponendo fine, a soli 13 anni, alla luminosa e breve carriere della più giovane pacifista del mondo.
Un'avventura meravigliosa iniziata nel più banale dei modi nell'autunno del 1982 a Manchester nel Maine. Samantha è nel salotto di casa insieme a mamma, Jane, assistente sociale, forse è il 22 novembre perché quel giorno usciva Time con il faccione di Andropov, nominato appena dieci giorni prima segretario generale del partito comunista. È un brutto momento per le relazioni Est Ovest, l'Urss è impegnata da tre anni nella guerra in Afghanistan, e l'elezione di Andropov, ex ambasciatore a Bupdapest durante la rivolta d'Ungheria ed ex capo del Kgb, non appare un segnale distensivo. In quei giorni, giusto per infondere un po' di ottimismo ai telespettatori americani, il canale televisivo Abc trasmette «The Day After - Il giorno dopo» su una futuribile guerra atomica tra le due superpotenze.
Basta e avanza per spaventare una bambina di 10 anni che, vedendo appunto quella foto sul popolare settimanale, chiede alla madre «Se la gente ha così tanta paura di lui, perché nessuno gli scrive una lettera per chiedergli se vuole o no una guerra?» ottenendo come risposta un sintetico invito: «Perché non tu?». Non era del resto la prima volta che la piccola scriveva a un grande della terra: cinque anni prima aveva inviato una lettera alla Regina Elisabetta II d'Inghilterra, per dirle che le piaceva molto. Perché dunque non anche ad Andropov? Detto fatto. Poche righe sintetiche in cui, dopo avergli fatto i complimenti per il suo nuovo incarico, gli chiede se volesse scatenare una guerra nucleare e, nel caso non fosse vero, di impegnarsi per non farla scoppiare. Quindi conclude chiedendogli anche perché voglia conquistare il mondo e l'America in particolare.
La cosa sembrò finire lì, ma nell'aprile dell'83 un giornalista, corrispondente americano da Mosca, le telefonò dicendo di aver letto la sua lettera sulla Pravda. Il tempo di realizzare cosa stesse succedendo e arriva la risposta di Andropov. «Non è vero che vogliamo la guerra o conquistare il tuo Paese - scrive in sostanza il leader sovietico - siamo un popolo pacifico e se non ci credi viene a trovarci. Non ora perché fa freddo, ma appena arriva l'estate». Così, presi i contatti, ottenuti visti e permessi, il 7 luglio la piccola Samantha prende un volo per Mosca con mamma e papà Arthur, docente di letteratura e scrittura creativa presso l'Università del Maine ad Augusta.
Visitò Mosca e Leningrado per venire poi ospitata ad Artek, il principale campo dei «Pionieri», l'omologo sovietico dei boy scout, in Crimea. E per non farla sentire isolata, il Governo russo scegle ragazzi che parlano bene l'inglese, tra questi Natasha Kashirina di Leningrado con cui rimase poi in contatto fino alla morte. Non incontra però il su anfitrione: Andropov è già molto malato (sarebbe morto l'anno dopo) e si limita a chiamarla al telefono. Il soggiorno di Samantha e dei genitori è un trionfo, soprattutto per la propaganda sovietica. Parlando ad una conferenza stampa a Mosca, la ragazzina Smith dichiara che i russi sono «proprio come noi». Un affetto ricambiato visto che dopo la morte della ragazzina l'Unione Sovietica le dedica un francobollo, un diamante, una varietà di tulipani e di dalie, un vascello. A Mosca viene addirittura scoperto un monumento per ricordarla e, quando l'astronoma sovietica Chernykh scoprì l'asteroide 3147 ottiene dall'Unione Astronomica Internazionale di darle il nome Samantha.
Il suo rientro in patria non ha minore clamore, anche se non mancano le critiche perché in tal modo gli «orchi sovietici» vengono in qualche modo umanizzati. Samantha diventa un'attivista pacifista, ospitata nel 1984 in uno speciale sulla politica per bambini voluto dalla Disney, intervista candidati alle presidenziali del 1984 come George McGovern e Jesse Jackson. Visita il Giappone con sua madre, dove incontra il primo ministro Yasuhiro Nakasone e interviene al Simposio Internazionale della Gioventù tenutosi a Kobe. Nel suo discorso suggerisce ai leader sovietici e americani di scambiarsi le figlie per due settimane all'anno, perché così «non desidererebbero sganciare una bomba sul Paese che ospita la propria figlia». Scrive un libro intitolato «Journey to the Soviet Union» (Viaggio in Unione Sovietica) e intraprende persino la carriere di attrice, recitando con Robert Wagner nella serie televisiva «Lime Street». La sua breve esistenza si conclude il 25 agosto 1985 quando, al rientro nel Maine dalle riprese della serie Tv, il suo aereo si schiantò al suolo in fase di atterraggio. Nel disastro muoiono i due membri dell'equipaggio e i sei passeggeri, tra cui appunto Samantha e il padre. La sua prematura scomparsa desta un vasto cordoglio, soprattutto nel Maine dove era ormai una celebrità. Lo Stato decise di dedicarle il primo lunedì di giugno di ongi anno e una statua nei pressi del Maine State Museum di Augusta. Samantha è ritratta mentre libera una colomba, con ai piedi un cucciolo d'orso, animale simbolo sia del Maine che della Russia.
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