Cascina Cuccagna, lavori fermi da due mesi

L’ordine è venuto direttamente da Ilda Boccassini, procuratore aggiunto della Repubblica e capo del pool antimafia milanese: «staccare» i telefoni, sospendere le intercettazioni. Nel mirino della Boccassini, una lunga serie di indagini per traffico di droga, alcune recenti, altre che si trascinavano da tempo. In questi casi, secondo la dottoressa, il gioco non vale la candela: il costo in termini di quattrini e di uomini non è giustificato dai risultati che si possono raggiungere. Meglio, dice Ilda Boccassini, alzare il tiro e concentrare gli sforzi sulla caccia alle grandi organizzazioni mafiose, Cosa Nostra e ’ndrangheta calabrese in testa. Se le inchieste in corso non hanno ancora raggiunto alcun obiettivo, ha deciso la Boccassini, bisogna chiuderle e dedicarsi ad altro.
La scelta voluta dal procuratore aggiunto è figlia della scarsità di risorse, sia umane che economiche. La coperta è troppo corta, e da qualche parte bisogna scegliere di tagliare. Il pensiero della dottoressa, in sintesi, è: noi siamo il pool antimafia e dobbiamo occuparci di mafia. Perdere tempo dando la caccia a piccole bande di trafficanti ci distoglie dall’obiettivo principale, cioè fare terra bruciata intorno al Gotha del crimine organizzato.
Si tratta di una scelta che non tutti gli «addetti ai lavori» hanno digerito volentieri. Anche perché arriva in un momento in cui il narcotraffico sta tornando prepotentemente a fare sentire la sua voce a Milano. E degli ultimi mesi è un fenomeno inatteso: il ritorno in scena dell’eroina, la droga che tra gli anni Ottanta e Novanta riempiva Milano di morti, e che sembrava definitivamente uscita di scena. Invece la «roba» è tornata a Milano. E i tre morti per overdose dell’ultima settimana ne sono la drammatica conferma.
Interrompere o ridurre le attività di intercettazione, in questa situazione, potrebbe sembrare una decisione pericolosa. Ma i vertici della Procura sembrano convinti di avere fatto la scelta giusta. Nell’ultima relazione del rpocuratore egenrale Manlio Minale, d’altronde, si può notare come le inchieste per associazione mafiosa siano lievemente diminuite (32 contro le 38 dell’anno precedente), ma tra di esserci sono inchieste gigantesche come quella chiamata «Infinito», che ha spedito in cella centinaia di appartenenti alle «famiglie» calabresi di tutta la regione. Mancano invece, nella relazione di Minale, i dati sulle inchieste per associazione a delinquere finalizzata al narcotraffico, e quelle per semplice traffico di droga. Ma la linea di Ilda Boccassini è chiara: degli spacciatori e dei piccoli trafficanti si occupino gli altri colleghi della Procura, noi dobbiamo aggredire i vertici dei clan, individuandone i canali di riciclaggio nell’economia «pulita» e i legami con la politica.

Sono i «livelli superiori», in definitiva - ritiene la dottoressa - a governare indirettamente anche la miriade di organizzazioni minori. Se colpiamo alto, è il pensiero della Boccassini, le conseguenze si faranno sentire ovunque.

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