Roma - Due forni, nessuna pagnotta. E così, dopo il flop delle elezioni regionali, che ha visto l’Udc allearsi con chi capitava senza mai risultare decisiva, ecco Pier Ferdinando Casini che rimpasta una sua collaudata ricetta, il governissimo. «Un esecutivo di salute pubblica prima o poi è inevitabile. E sarebbe una scelta di grande responsabilità politica». Il bipolarismo si è rotto e in questa maniera, sostiene l’ex presidente della Camera, non si può andare avanti. «È una cosa che si dovrà fare perché l’Italia ha bisogno di riforme, dalle pensioni alle liberalizzazioni, che nessuna maggioranza pro tempore farà mai per timore di perdere voti».
Due anni di equilibrismo tra i poli, nessun risultato concreto. Casini il centrista appare in stallo, in attesa di eventi che gli consentano di rimettersi davvero al centro del gioco. Forse, come dice Calderoli, punta sull’emergenza per rientrare nel governo: «È desolante usare la crisi economica per i propri fini di bottega». Nel frattempo, il suo unico programma sembra il grande inciucio. Governo tecnico, istituzionale, di garanzia, di salute pubblica, di unità nazionale, cambiano i nomi ma non la sostanza. Un’idea che il leader dell’Udc rilancia dagli schermi di In mezz’ora: «L’urgenza di questa soluzione - spiega - è evidente, lo dico a costo di finire domani mattina nel mirino delle vestali del bipolarismo e del corretto funzionamento dell’alternanza, che fanno finta di non vedere quello che accade in Inghilterra».
La novità semmai sta nell’uomo che secondo Casini dovrebbe guidare l’esecutivo di larghe intese, Silvio Berlusconi, e in quello che finirebbe ai margini del progetto, Gianfranco Fini. E Giulio Tremonti? Potrebbe essere lui a pilotare un governo tecnico? Casini fa una smorfia: Tremonti «è il ministro più importante d’Italia», però, aggiunge, «non mi pare che Berlusconi sia alle soglie delle dimissioni, né credo che abbia intenzione di lasciare lo Stato a lui o ad altri». Ma, Cavaliere a parte, per il capo centrista «se non c’è una pacificazione tra le forze politiche e non si risolvono le questioni che sono sul tappeto, il Paese sprofonderà nel baratro, indipendentemente da chi vince».
E per dare corpo al suo progetto, Casini annuncia il varo di una nuova formazione, un «partito della nazione», o della «riconciliazione nazionale», che dovrebbe nascere a fine maggio a Todi. Niente Udc passata al lifting, semmai una Kadima in salsa italiana, aperta a Rutelli e Montezemolo e forse, chissà, a Fini. «Non si tratta di fare il restyling all’Udc - dice - ma di aprire il cantiere per un raggruppamento politico nuovo, laico e cattolico ma non confessionale, che abbia un disegno per l’Italia». E qui siamo ancora in quel magma, nel Centrone di cui si vagheggia da anni, nella neo-Dc. E chi dovrebbe entrare? «Porte aperte a tutti, però non vogliamo un’adunata di reduci. Piuttosto, un insieme di popolo».
Al di là delle formule, quello che Casini ha in testa è un blocco di centro allargato. Montezemolo e Rutelli sono i soliti sospetti. «Ho avuto dei colloqui con loro - racconta Casini - ma anche con tanta altra gente. L’importante è la consapevolezza di fare qualcosa di nuovo, di tagliarsi i ponti alle spalle. Se Montezemolo continua a dire che vuole entrare in politica, è inutile che io lo perseguiti. Rutelli credo che abbia un dna coerente con questo progetto».
Più freddo con il presidente della Camera. «Io non so quale sia il suo futuro, ci siamo divisi sulla nascita del Pdl. Oggi Gianfranco capisce quello che a me era chiaro due anni fa, e cioè che il Pdl era nato attorno alla personalità carismatica di Berlusconi e non poteva avere altre caratteristiche. Nel merito della discussione che ha avuto con il Cavaliere, io mi meraviglio della sua meraviglia». Getta un ponte persino alla Lega: «Abbiamo votato contro il federalismo ma oggi chiediamo che i decreti attuativi vengano fatti bene. Un canale con Calderoli? Con lui ci parlano tutti».
Ma è proprio da Calderoli che arriva il primo stop.
«È il popolo con il voto che decide chi governa, non i giochi di Palazzo». No secco pure dal Pdl. «Il governo ha una maggioranza solida», sottolinea Fabrizio Cicchitto. E pure Antonio Di Pietro si smarca: «Vuole governare senza consenso popolare».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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