Assume dimensioni sempre più dirompenti il terremoto che sta dilaniando il Palazzo di Giustizia di Palermo. Nell'inchiesta della procura di Caltanissetta su Silvana Saguto, giudice antimafia di punta ormai ex presidente della sezione misure di prevenzione (ha lasciato l'incarico all'indomani del blitz dei colleghi nisseni) entrano a vario titolo altri tre magistrati. E così sulla vicenda interviene anche la I sezione del Csm, quella che si occupa dei casi di incompatibilità funzionale e ambientale dei giudici. L'organo di autogoverno delle toghe ha aperto un fascicolo sulla Saguto, accusata di corruzione, concussione per induzione e abuso d'ufficio. Un atto che può preludere a trasferimenti forzati e all'avvio di azioni disiciplinari.
Gli interessati, tutti, si difendono. A cominciare dalla Saguto che nega tutte le accuse e chiede di essere sentita al più presto dai pm di Caltanissetta. Ma il quadro sembra complicarsi giorno dopo giorno. Anche perché dagli atti viene fuori l'immagine di una gestione dei beni confiscati alla mafia diventata affare di famiglia per le toghe, con scambi di favori e impiego di familiari. È in questo quadro che nelle carte emergono i nomi di altri magistrati. Uno è un nome che pesa, quello di Tommaso Virga, consigliere togato del Csm sino allo scorso anno, ora presidente di sezione. A suo figlio, Walter, dall'ufficio della Saguto è stato affidato uno dei sequestri più ingenti, quello dell'impero finanziario dei Rappa, che comprende palazzi - tra questi quello che ospita la sede del Tar - e una importante emittente televisiva. Il giudice Virga, tramite il suo avvocato smentisce che l'incarico sia stato frutto di uno scambio di favori, e precisa che durante il suo mandato al Csm non ci fu alcun procedimento disciplinare nei confronti della Saguto. Gli altri due magistrati finiti di striscio in questa storia sono un pm della Dda, Dario Scaletta, che avrebbe confermato alla collega giudice i sospetti a proposito dell'esistenza di un'indagine a suo carico; e un altro giudice della sezione misure di prevenzione, Lorenzo Chiaromonte, indagato per abuso d'ufficio perché non si sarebbe astenuto in occasione dell'incarico di amministratore di beni sequestrati a una persona a lui vicina.
È proprio questa sorta di «cerchio magico», questa rete di amici e familiari che sarebbe stata favorita nell'affidamento di incarichi, il fulcro dell'indagine che sta scuotendo il palazzo. Con la Saguto sono indagati anche il marito, Lorenzo Caramma, che avrebbe avuto incarichi da uno degli amministratori giudiziari di punta di Palermo, l'avvocato Gaetano Cappellano Seminara, anche lui sotto accusa.
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