Un caso di tubercolosi all’alberghiero di Quarto

Il congresso provinciale dell’Italia dei Valori ha messo in pericolo un autentico «valore» genovese come la bombetta originale di scena di Gilberto Govi. Storie da dietro le quinte, che emergono all’indomani del duro scontro avvenuto all’interno del partito di Antonio Di Pietro. Il congresso finito con il «garante» venuto da Roma, l’onorevole Nello Di Nardo, che ritira le urne con le schede e se ne torna alla base in attesa delle verifiche e dei ricorsi, si era in realtà trasformato in autentica rissa. Non in termini politici e dialettici.
L’assessore alla sicurezza del Comune di Genova, Francesco Scidone, al Giornale ha spiegato che effettivamente c’erano «energumeni» che l’avevano buttata in gazzarra e che la decisione di lasciare il Teatro della Gioventù, sede del congresso, era stata presa anche su invito dei custodi dal momento che era scaduto l’orario di affitto dei locali. «Nessuno di noi si è mai sognato di chiedere agli organizzatori del congresso di lasciare il Teatro perché era finito l’orario concordato - interviene Giunio Lavizzari Cuneo, amministratore del Teatro -. È vero che sono stati due miei dipendenti a mettere materialmente fuori qualcuno, ma si trattava delle persone più esagitate che avevano dato vita a una rissa sull’esito del voto». Lavizzari Cuneo ricorda benissimo il momento. «Ero al piano di sopra per le recite - puntualizza -, Un dipendente del teatro ha notato l’aggressione ad alcuni esponenti del partito tra cui lo stesso Scidone. Erano ben presto passati alle mani proprio nei pressi della teca che custodisce i cimeli di Govi, tra cui la bombetta usata nella commedia I manezzi pe’ majà na figgia. I dipendenti sanno anche quanto ci tenga a quei cimeli, ma credo siano intervenuti soprattutto per evitare guai peggiori a Scidone. Comunque hanno messo fuori solo i rissaioli. Gli altri, dopo, hanno convenuto di lasciare il teatro. Nessuno li ha messi fuori».


E a Scidone risponde anche Manuela Cappello, assessore provinciale Idv: «I suoi sono falsi attacchi di una persona che già senza consenso elettorale, si ritrova anche con un consenso residuale nel partito». E promette ricorsi e tutele legali. La battaglia è solo all’inizio.

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