Castel Sant’Angelo In mostra i tesori dell’arte recuperata

«Tesori invisibili» s’intitola la rassegna aperta a Castel Sant’Angelo fino al 26 luglio per la XXVIII Mostra Europea del Turismo, organizzata dal Centro europeo del turismo, artigianato e tradizioni culturali di Giuseppe Lepore. Curata da Lisa Della Volpe, presenta oltre cento opere, alcune inedite, provenienti dai depositi di grandi musei italiani e recuperate da carabinieri, polizia e guardia di finanza. Un doppio binario che si snoda nelle sale di Clemente VIII, della Giustizia e dell’Apollo, prospicienti il cortile dell’Angelo, alternando capolavori «invisibili» di varie epoche (catalogo Gangemi).
Deposito è «un termine fuorviante» dice il soprintendente Claudio Strinati, non rende giustizia a una parte enorme del museo, di cui è piuttosto la memoria storica. Se non è accessibile al pubblico, lo è sempre agli studiosi. La realtà è ben diversa dalla leggenda nera che accompagna il deposito. Non un luogo polveroso e abbandonato, ma visitabile come alla Galleria Borghese, quasi una doppia galleria. È blindato ad Ercolano. E da un deposito può nascere un museo. Come la Centrale Montemartini, gemmazione dei Musei Capitolini e felice connubio fra arte classica e archeologia industriale.
Il caso più eclatante riguarda la cronica mancanza di spazi dei musei archeologici. La stupenda coppa a figure rosse, Kilix, rinvenuta negli anni ’80 nella necropoli sabina di Poggio Sommavilla era nei magazzini del Santuario di Ercole Vincitore a Tivoli. Rubata nel ’94, entrata nel mercato clandestino è messa all’asta a Londra dalla casa d’asta Sotheby’s nel ’95 con tanto di fotografia sulla copertina del catalogo. Che non sfugge ai carabinieri. Finita in Germania è tornata a Roma nel 2000.
Vi sono opere delicatissime, tessuti, pergamene, manoscritti, stampe, foto, pellicole, che si è obbligati a tenere in luoghi chiusi. Eccezionalmente in mostra un piccolo arazzo del 1548 dell’arazzeria medicea su cartone di Francesco Salviati proveniente dai depositi di Palazzo Pitti.
Un caso a sé Palazzo Venezia che attraverso le opere non esposte ricostruisce la storia delle sue collezioni. In mostra pezzi strepitosi. Dall’inedito rilievo dell’Ultima Cena su legno di tiglio intagliato, dipinto e dorato di un anonimo scultore tedesco del ’600, della collezione Gorge Washington Wurts, donato nel ’33 allo Stato Italiano, alla tavoletta in monocromo con Le tre Grazie di Rubens del cardinale Leopoldo dè Medici.
E ancora dipinti affidati ad ambasciate, istituti di cultura, ministeri. In mostra, di Cellino Attanasio (Te), un altarolo a due valve risalente al ’300 di Niccolò di Buonaccorso con Lo sposalizio mistico di Santa Caterina e La Crocifissione.

Rubato, recuperato dai carabinieri nel 1989, era conservato al Castello de L’Aquila. Salvo due volte.
Museo Nazionale di Castel Sant’Angelo, Lungotevere di Castello, telefono 06-6819111. Fino al prossimo 19 luglio, chiuso il lunedì.

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