Caterina, Barbara, Yllka. Le tre donne (più una) che custodiscono "Il segreto Machiavelli"

Il cancelliere, agonizzante, traccia il bilancio della propria vita. E ne scioglie l'ultimo nodo

Ventun giugno 1527. Machiavelli è agonizzante, nella sua Firenze devastata dalla peste e per la sconfitta inflitta dalle truppe dell'imperatore Carlo V. Nel dormiveglia, sul letto di morte, la memoria e il delirio si confondono: la realtà perde sostanza davanti ai tormenti dei fantasmi. Quest'uomo, che gli amici hanno sempre chiamato Machia, si vede sfilare davanti nella nebbia la propria straordinaria vita: i libri, in cui ha imparato a essere sé stesso, l'autore al di sopra di convenzioni e vincoli che adesso sta per spegnersi; la politica, che ha dato forma ai suoi momenti più alti e alle sue più rovinose cadute; le donne dalle quali è stato amato e che, in maniera sempre enigmatica, senza dubbio ha sempre amato. È stato il più brillante diplomatico fiorentino, il più saggio dei suoi analisti, il più arrogante dei suoi cittadini. Forse ha vissuto al di sopra delle sue possibilità: ma ne è valsa la pena. La sua vita però si sta per concludere con una devastante sconfitta, il Sacco di Roma, avvenuto appena un mese fa.

Machiavelli si ostina a cercare di comprendere, attanagliato dalla confusione tra realtà e delirio, che vita sia stata la sua. I grandi con cui ha negoziato: papi, re, condottieri, Alessandro VI e Cesare Borgia, fra tutti. Le donne che ha amato: Barbara Salutati, il suo misterioso «dormire con i vostri occhi» con il quale ha criptato il senso della vita, Yllka, l'androgina guerriera albanese che gli è stata compagna di armi e di letto nei momenti più duri... E soprattutto, l'ombra enigmatica di Caterina Sforza, signora di Forlì e Imola, le cui arti alchemiche lo hanno affascinato quasi quanto la sua bellezza.

Quest'evocazione di Caterina, tra il sonno e la veglia, tra realtà e delirio, riporta a Machiavelli il ricordo di un enigma che lo inquieta: quello di un incarico che non è riuscito a portare a termine in tempo. Un regalo della donna a papa Borgia, che non è giunto alla destinazione prevista nell'anno 1499, dopo la sua prima missione diplomatica alla corte di Forlì: un ritratto al quale la contessa Sforza pareva tributare la massima venerazione. Che mistero celava quel dipinto in cui Leonardo da Vinci aveva raffigurato la bella principessa Bianca, prematuramente morta a quattordici anni, poco prima di dare alla luce un bambino? E in che misura quella morte ha a che fare con il torbido mondo dei segreti pontifici? I labirinti della diplomazia fiorentina gli avevano fatto perdere tre anni, nonostante Caterina gli avesse manifestato l'urgenza della missione. Dopodiché, l'avventura militare di Cesare Borgia aveva fatto cadere in disgrazia la contessa, nel corso di quell'indemoniata partita a scacchi che giocavano nella penisola italiana le due potenze imperiali, Francia e Spagna. Una partita che si è chiusa solo adesso e che si è dimostrata troppo al di sopra delle possibilità del cancelliere Machiavelli; troppo anche per il potentissimo luogotenente papale Francesco Guicciardini, insieme al quale ha affrontato quest'ultima sconfitta militare, alla quale Niccolò sa che non sopravviverà. Tuttavia, con tutti i grandi sconvolgimenti politici e militari che racchiude la sua vita, perché in queste ultime ore Machiavelli è ossessionato dal sospetto che all'urgenza di quella missione, da lui disattesa, Caterina aveva affidato il destino a cui l'Italia adesso sta andando incontro?

Il mistero del ritratto di Bianca si intreccia a quello di tre donne amate da Machiavelli: Caterina, anche se solo nella maniera distante e inaccessibile propria di una gran dama della famiglia Sforza; la giovane cantante e cortigiana Barbara, per la quale Niccolò ha scritto alcuni dei suoi versi più commossi e che ora lo accompagna verso la fine, in questo tramonto del giugno fiorentino in cui il cancelliere agonizza; ma anche Yllka, la silenziosa schiava albanese di cui Caterina gli ha offerto i servigi nel corso del loro primo incontro: colei che è stata la sua ombra e che lo ha protetto per tutti questi anni.

E, alla fine, sotto gli occhi del lettore, comincia a delinearsi un sospetto: sì, è Machia, uomo dalla vita straordinaria, che descrive tra la veglia e il sogno, tra la consapevolezza e il delirio, la trama del labirinto. Ma sono queste tre donne, Caterina, Barbara e Yllka, le vere protagoniste, coloro che, di nascosto, hanno tessuto le fila di una vicenda alla quale, per una volta, il sagace cancelliere fiorentino non riesce a trovare un senso; e il nodo di questa vicenda si cela proprio nell'enigma che avvolge una bella fanciulla, prematuramente morta a Milano: Bianca Giovanna Sforza. E solo alla fine del romanzo, un Niccolò Machiavelli in punto di morte scoprirà - e insieme a lui lo scoprirà il lettore - che quel ritratto è stato in realtà il nodo della sua stessa vita. Nonché la chiave del destino di Alessandro VI e di suo figlio Cesare. E con loro di tutta l'Italia. Machiavelli muore. Poco gliene importa: ha vissuto come quasi nessuno può dire di aver fatto. È anche riuscito, in queste ultime ore, a ricomporre infine l'ultimo rompicapo. E in questo quadro finale, le sue storie d'amore, le sue battaglie diplomatiche, le sue guerre, il torbido universo del tradimento e del veleno, rappresentano i frammenti di uno specchio che moltiplica la bellezza e l'orrore del mondo, in ugual misura. Adesso lo si può abbandonare senza paura e senza speranza. E naufragare con tutta calma nel riflesso dei suoi occhi e di quelli di Barbara.

(Copyright 2023

Gabriel Albiac

Traduzione dallo spagnolo di Clara Serretta)

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