Il disagio giovanile è come un virus che contagia senza sosta, senza antidoto, non conosce confini e tocca tutte le età. Dal rapporto 2014 del Dipartimento per la Giustizia minorile (www.giustiziaminorile.it) emergono dati significativi che inquadrano la dimensione del problema. La criminalità minorile è segnata dalla prevalenza di reati contro il patrimonio, in particolare di furto e rapina. Quelli a carico di minori entrati nei centri di prima accoglienza nel 2014 sono 1.229 tra italiani e stranieri. Nell'elenco delle città che spiccano per ingressi e presenza media giornaliera nei CPA ci sono Roma (415), Milano (168), Napoli (130), Torino (119), Catania (91). Dal CPA al carcere e poi in Comunità, entrano ed escono senza mai chiudere definitivamente quelle porte maledette. Ognuno ha la sua storia, fatta di cadute e ricadute. Nel 2014 sono 1.400 i collocamenti in comunità di età compresa tra i 14 e i 17 anni. Sono ragazzi di origine italiana (806) seguiti da Egitto (33), Marocco (81), Tunisia (63) Romania (111), Albania (34) ed Ecuador (13). Milano conta il maggior numero di giovani inviati alle comunità private dal Centro Giustizia minorile: sono 283. Ma esiste anche un altro numero, che nessuno conosce, e che raggruppa tutti quei giovani "invisibili" che si muovono nelle città. Solo chi lavora pancia a terra inizia a fare la conta Ce ne sono e sono molti - dice Don Claudio Burgio - anche se non si vedono". E' il cappellano del carcere minorile Cesare Beccaria e fondatore della Comunità Kayròs. Lui con questi casi "difficili" ha a che fare tutti i giorni. Sveglia all'alba e poi via, destinazione Via dei Calchi Taleggi n.20, periferia sud di Milano: la prigione dove incontra i suoi ragazzi. Un giovane sacerdote che vive per ascoltare storie fragili e di abbandono dove i protagonisti sono alla ricerca disperata di un'identità. Nato 43 anni fa in un quartiere critico come Giambellino ha sempre avuto una predilezione e una predisposizione per il prossimo. Per lui non esistono ragazzi cattivi, perchè "le azioni cattive fatte a 14,15 o 16 anni - spiega - non possono ritenersi cattive" Non ama lamentarsi, dare colpe, puntare il dito contro le istituzioni, piuttosto cerca di dare un conforto e un riparo a chi non sa davvero dove sbattere la testa.Dopo anni al Beccaria "per senso civico e di responsabilità" come dice lui, ha fondato Kayros, comunità che è diventata la casa di molti giovani usciti dal carcere. Una realtà semplice vissuta tra le mura di casette bifamigliari dove i ragazzi condividono stanze, faccende domestiche, litigi, abbracci, culture diverse, fatiche e poi c'è lui il "Don" come lo chiamano loro. A Vimodrone abitano i minorenni, a Segrate i maggiorenni. Don Claudio vive in un camper proprio di fronte, e tutte le sere dorme lì, lasciando un letto libero al nuovo arrivato. Nella comunità giocano a calcio, quest'anno hanno vinto il campionato, mettono in scena spettacoli teatrali e fanno un servizio catering che hanno chiamato "La schiscetta, il gusto non si arresta"APPUNTAMENTO CON JAISY
Sono in 5 attorno al tavolo della cucina, è ora di pranzo e si mangia pasta con i gamberetti. Ha cucinato Jaisy. E' colombiano ma ha un inconfondibile accento bresciano con un'aria " ancora da piccolo boss" dice lui ridendo. Ci tiene al rispetto, all'immagine, ad essere il numero uno sempre ovunque e a tutti i costi. Ha un passato difficile fatto di fughe, solitudine, botte, soldi e furti che alla fine lo hanno portato dietro le sbarre del Beccaria. Davvero troppo per un tipo come lui che a Brescia veniva chiamato "mano di ferro" perché picchiava duro, oppure "deejay" perché durante le feste organizzate a Desenzano del Garda catturava l'attenzione ballando. Fugge dalla Colombia per evitare di finire nelle mani dei narcotrafficanti, raggiunge il padre a Brescia ma poi scappa, entra in una comunità ma dura poco, quindi decide di diventare "figlio della strada".Il carcere lo ha cambiato, ha avuto il tempo di riflettere, di confrontarsi con altri "bulli", di raccontare la sua storia e le sue debolezze nascoste. Oggi Jaysi è nella comunità Kayros e si crede il "king" ma sente che sta arrivando il momento di cambiareAPPUNTAMENTO CON JACOPO
C'è chi arriva in Comunità perché ha commesso reato, chi invece ci entra da civile. Come Jacopo, almeno lo era fino a quest'estate. Adesso il suo caso è diventato penale. Non aveva mai provato a fare una rapina, voleva essere all'altezza degli altri ragazzi, quelli che in Kayros ci sono arrivati dopo mesi di carcere, così ci ha provato in un bar a Cesenatico mentre la comunità era in vacanza. E' andata male o lo hanno beccatoAPPUNTAMENTO CON LIBASSE
E' appena rientrato da scuola, a lui piace studiare, il suo nome è Libasse. Un ragazzo partito su un barcone dal Senegal che non smette mai di ringraziare Dio per essere arrivato sano e salvo in Spagna dopo 13 giorni di viaggio. Da grande vuole fare il calciatore, ma per adesso si allena con la squadra di Don Burgio "perché dice - non ci sono ancora le possibilità".