Assisi - Sulla criminalità organizzata "non c’è bisogno di comminare esplicite socmuniche: chi vive in queste organizzazioni criminali è automaticamente fuori dalla comunione, anche se si ammanta di religiosità". Lo precisa il segretario generale della Cei, monsignor Mariano Crociata che in proposito ricorda il "grido" di Giovanni Paolo II a Agrigento, nel 1993. "La parola del Papa allora e quelle dei vescovi rappresentano - rileva il presule nella sua conferenza stampa sui lavori dell’Assemblea Cei - un giudizio molto netto che non ha bisogni di altri pronunciamenti".
Criminalità e Mezzogiorno "È evidente - aggiunge Crociata - che il tema della criminalità organizzata è ben presente alla Chiesa Italiana", che sta preparando un documento sul Mezzogiorno e che "considera la situazione certamente drammatica, non disperata e invincibile". Ci attende, rileva il segretario della Cei, "un cammino lungo su questo campo". Il problema della criminalità organizzata, infatti, "si estende a tutta Italia purtroppo. E non si risolve richiamando il tema della esclusione dalla Chiesa, ma impegna le istituzioni addette alla sicurezza e tutte le istituzioni dello Stato, a cominciare da quelel educative e i cittadini tutti".
Servono dunque una "reazione positiva della società civile e l’impegno corale anche della Chiesa: la repressione e le indagini sono assolutamente necesarie. Ma conta anche investire sulle coscienze, in particolare sulla formazione dei giovani".
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