Comunque lui c'era. Gianni Morandi compie oggi ottanta anni ma è solo una formalità, il curioso dettaglio anagrafico di un ragazzo che resterà ragazzo fino alla fine come un Benjamin Button al contrario che nasce giovane e lo resta per sempre. C'è un Gianni Morandi per tutti, chiunque lo conosce e riconosce e ha un ricordo legato a una sua canzone, a un suo programma, a un suo Festival.
Quando parla, oggi che è nonno, ha lo stesso sorridente entusiasmo di quando nel 1961, al Voci Nuove Disco d'Oro di Reggio Emilia, arrivò nono dopo Iva Zanicchi e Orietta Berti iniziando ad andare a cento all'ora (titolo del primo brano, anno di grazia 1962) senza fermarsi neanche adesso che la stragrande maggioranza dei suoi coetanei è idealmente in poltrona con la copertina. Venerdì esce il suo nuovo disco L'attrazione, che non finirà nei juke box come il primo ma sulle piattaforme digitali, nel quale c'è una versione extra di C'era un ragazzo che come me cantata, oltre che con Jovanotti, J-Ax, Alessandra Amoroso e altri, anche con i figli Marco e Pietro, in arte Tredici Pietro. Quel brano, uscito nel 1966, è stato la seconda svolta della sua carriera che, con Fatti mandare dalla mamma e In ginocchio da te e Non son degno di te era diventata un serbatoio di popolarità e musicarelli. Il vento stava cambiando, il pop richiedeva impegno politico e quel brano sulla guerra in Vietnam era l'upgrade del ragazzo prodigio che proprio lì ha imparato a evitare la nostalgia. Gianni Morandi è rimasto giovane non soltanto perché ha giocato (e fondato) nella Nazionale dei Cantanti e fatto la maratona di New York ma perché ha sempre cortesemente evitato di invecchiare. Quando le cose sono andate meno bene, quindi a inizio anni Settanta dopo il divorzio dalla prima moglie Laura Efrikian e la prospettiva di una carriera di piccolo cabotaggio tra eventi minori e pacche sulle spalle, Benjamin Morandi ha deciso di tornare indietro, iscriversi al corso di contrabbasso del Conservatorio di Santa Cecilia a Roma (peraltro mai terminato) e tornare studente dopo essersi già laureato in classifica. «Era il 5 luglio del 1971 - ha ricordato a Maurizio Belpietro su Panorama - al Vigorelli di Milano cantai prima dei Led Zeppelin e mi tirarono ogni cosa. Lì capii che il pubblico non voleva più saperne di me».
Chissà cosa sarebbe successo se circa dieci anni dopo Mogol non fosse andato a casa sua per convincerlo a fare un programma tv. Il programma non si fece ma uscì il brano Canzoni Stonate, scritto anche da Mogol che lo produsse con Shel Shapiro, e Morandi tornò Morandi, vince Sanremo nel 1987 con Ruggeri e Tozzi, registra il disco Dalla/Morandi (favoloso il pezzo Vita di Mogol e Lavezzi), canta di una Bella signora che era in realtà la solitudine dell'artista e colleziona una serie tv dopo l'altra. La sublimazione del ragazzo di provincia in eterno ragazzo di successo era compiuta. Quando nel 1999 conduce su Raiuno la trasmissione C'era un ragazzo, c'è una media di nove milioni di spettatori a confermarlo. Tra di loro, seduti in salotto davanti alla tv, c'era anche chi trent'anni prima lo spernacchiava come «canzonettaro» e adesso si riconosceva in questo bolognese dalle grandi mani che in fondo incarna(va) l'italianità meglio di tanti altri.
Figlio di un calzolaio che gli faceva leggere Marx e l'Unità, aveva abbattuto il Muro prima di tanti altri e piaceva a tutti, anche ai democristiani, anche a chi amava i Beatles e i Rolling Stones. Presentando il tour del 2016 Capitani Coraggiosi con Baglioni, Morandi si raccontò meglio di tante altre volte e lo fece con il sorriso sulle labbra: «Quando facciamo un errore sul palco, per me è una opportunità, invece per Claudio è solo un errore».
In questo c'è il vero istinto nazionalpopolare di un cantante che è rimasto giovane cambiando sempre un attimo prima di diventare vecchio. E anche l'amicizia diventata collaborazione con Jovanotti è lì a confermare che per lui gli ottant'anni sono un semplice dettaglio e che uno su mille ce la fa solo se impara a perdere male dopo aver vinto facile.
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