C'era una volta la censura. E c'è ancora

Contro ogni censura (Rizzoli) è un libro che suscita molte riflessioni

C'era una volta la censura. E c'è ancora
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Contro ogni censura (Rizzoli) è un libro che suscita molte riflessioni. Il volume raccoglie tutti gli interventi di Indro Montanelli contro, appunto, la censura. Si parte dall'inizio della carriera di Montanelli fino all'addio al Giornale (che, a dire il vero, è piuttosto arduo catalogare come censura: fu piuttosto una rottura tra Montanelli e Silvio Berlusconi). Il grande Indro, comunque, ha ben chiari i fondamentali: la morale non è mai un buon metro per valutare le opere d'arte. Come provocazione, aggiunge, nell'articolo che pubblichiamo in questa pagina, un dettaglio non da poco: meglio sarebbe scagliarsi contro i film brutti (ammesso e non concesso che sia possibile accordarsi sul concetto inafferabile di «brutto»; il concetto comunque è chiaro: un lavoro fatto male è peggio di ogni altra cosa). Nel pezzo in questione, Montanelli afferma un «no» alla censura così netto da applicarsi perfino a un film che Montanelli stesso non ha ancora visto: Rocco e i suoi fratelli, il capolavoro di Luchino Visconti tratto liberamente dai racconti di Giovanni Testori (un altro abbonato alla censura e ai sigilli alle porte dei teatri). La battaglia contro la censura di Stato, complessivamente, in Italia è stata vinta, grazie all'impegno di uomini come Montanelli. Ma questo non significa, purtroppo, che la censura abbia cessato di esistere. Anzi: è diventata forse peggiore. Il conformismo è sempre una forma di censura. L'omologazione è sempre una forma di censura. Il politicamente corretto è la bibbia della censura contemporanea. Una censura pervasiva perché è un tribunale che apre la sua sede nella nostra coscienza: ecco il trucco, la censura diventa autocensura, e non c'è nemmeno il bisogno dei bollini di Stato. Non sono numerosi gli intellettuali che hanno visto arrivare questa forma di (auto)censura: Pier Paolo Pasolini e Giovanni Testori sono state le voci più potenti. Se andiamo all'estero, il discorso più chiaro fu fatto da Aleksandr Solgenitsyn. Il dissidente, in visita a Harvard dopo l'esilio, stupi tutti con questo discorso: «A nche senza bisogno della censura, in Occidente viene operata una puntigliosa selezione che separa le idee alla moda da quelle che non lo sono, e benché queste ultime non vengano colpite da alcun esplicito divieto, non hanno la possibilità di esprimersi veramente né nella stampa periodica, né in un libro, né da una cattedra universitaria. Lo spirito dei vostri ricercatori è sì libero, giuridicamente, ma in realtà impedito dagli idoli del pensiero alla moda.

Senza che ci sia, come all'Est, un'aperta violenza, questa selezione operata dalla moda, questa necessità di conformare ogni cosa a dei modelli standardizzati, impedisce ai pensatori più originali e indipendenti di apportare il loro contributo alla vita pubblica». Perfetto, purtroppo.

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