Che festa al "Corsera" quando scrive Bazoli

A volte gli editori di un giornale pretendono di dire la loro, o di scriverci. Non di economia, come si ci aspetterebbe da Bazoli, presidente di Intesa, ma di cinema... 

Che festa al "Corsera" 
quando scrive Bazoli

Gli editori dei giornali sono un bel proble­ma: sono quelli che mettono i soldi e paga­no gli stipendi. Qualche volta vogliono di­re la loro e qualche altra addirittura la scrivono. In tutti i casi la pagano e ciò è di un certo conforto. Al­cuni sono più padroni degli altri. Fate un giro per i salottini che contano e non troverete mai disgiunto il nome del Giornale ( quello che ospita codesta zup­pa) al: «di Berlusconi». Ma gli editori diventano dav­vero­pesanti quando si incaponiscono a scrivere di­rettamente un articolo sul proprio giornale. A me­no che non si tratti di una risposta ai comunicati del Cdr, nel qual caso riescono quasi a superare se stes­si. Immaginiamo dunque l’imbarazzo di due gior­ni fa al Corriere della Sera , quando arriva il pezzo di Giovanni Bazoli. Il professore, biblista sofisticato, presidente di Intesa Sanpaolo e azionista influente del Corriere della Sera (quello che Della Valle altro socio del Corsera definisce alternativamente «gran ciambellano» o «arzillo vecchietto» e che a sua vol­ta è definito da Ligresti­ Pini un Ricucci qualsiasi: in­somma è un gran casino in cui tutti i soci del Corse­ra si amano) ha tirato giù agili, a occhio e croce, due­cento righette. Il Corriere della Sera però ha il van­taggio di avere più di una dozzina di azionisti- edito­ri e dunque è piuttosto complicato ricordarli tutti. Anche se Bazoli è il dominus di grandi e piccoli soci della Rcs. Ebbene cosa fare quando ti arriva un pez­zo del tuo editore in redazione?

Noi abbiamo una certa riconosciuta expertise. Prima cosa gioire. Ti scrive Bazoli, presidente della più importante banca italiana e tu come minimo speri che ti parli di economia, finanza, crisi dei mer­cati, rating e complicazioni del genere. Pretendere che ti parli di Intesa o di Mittel è ovviamente trop­po. Sarebbe un bel colpo rimanere sul generale. Se in preda alla generosità il professor Bazoli si de­gnasse di assaggiare la zuppa del cuoco con queste spezie, qua si brinderebbe (trattasi di invito). Pur­troppo gli editori hanno il difetto di avere molti interessi. E financo il cinematografo. Bazoli prende carta e penna e che ti combina? Ti recensi­sce l’ultimo film di Ermanno Olmi. Roba forte in cui, noi che ci occupiamo solo di fornelli, capiamo poco. Ma il messaggio del divino regista dovrebbe essere: per fare del bene non è necessaria la fede. Mica poco per un cattolico convinto.Uhmm.Tema decisamente bazoliano.Ma le re­dazioni le conosciamo. Bella la fede, bella la religione, bel­lissimo il pezzo e il suo scrittore, ma ora dove ti piazzo Ol­mi ( di cui il Corsera si era già abbondantemente, come tut­ti, occupato) e il suo ingombrante recensore? In prima. Neanche si discute. E il titolo? Accattivante: «Il sofferto di­lemma tra carità e legge ».In periodi come questi in cui c’è la fila alle edicole,un tema alto e così pungente aiuta a di­radare un po’ la folla: benedetta iniziativa. Vada dunque per una trentina di righe in prima pagina e per le altre due­trecento lo spazio si crea. «Bazoli non si tocca» si sussurra in redazione al pierino che si era permesso di dire: «che palle trecento righe su Olmi, una quarantina erano più che sufficienti». È come pensare che da questi parti si li­mi, che so, un fluviale intervento del Cav (ne fa, ne fa). Chi glielo spiega al diretto interessato? Difficile trovare volon­tari in redazione. Pensate un po’ quel poverino del diretto­re del Mattino ( che ha il difetto di essere passato da queste parti) per aver aggiunto 31 righe di sano antiberlusconi­smo a un suo collaboratore (senza dirglielo) si è beccato una piccola reprimenda dall’ordine. Ha solo aggiunto, non ha mica limato. Roba da matti. Ehmm ma noi siamo il Giornale di Berlusconi e loro mica sono il Corriere di Bazo­li. Vabbè ma questo è un altro discorso. Sottigliezze. E poi come già detto ci sono gli altri dodici-tredici soci. Una bor­sa di Della Valle di qua, una di Ligresti di là... e si compen­sa tutto. Anche se Della Valle ha dovuto prendere carta, penna e portafoglio per dire quelle quattro cose sui politi­ci e gli imprenditori. Strano davvero: in fondo si potrebbe arditamente sostenere che Della Valle sta a Bazoli come un politico-imprenditore sta a un banchiere-cinefilo.Ma uno dei due per scrivere le sue cosucce deve pagare. O for­se anche Della Valle avrebbe potuto inviare alla direzione del Corsera una interessante recensione dell’ultimo film «Transformer», analizzando il look dei robot moderni in rapporto a quelli di «Odissea nella spazio».

E ma qua sorge un altro problemino, dice il solito rompi­balle che crede di stare al New York Times ( uno che ha visto i film americani c’è in tutte le redazioni):«La banca di cui è presidente Bazoli ha finanziato il film come produttore, forse da qualche parte converrebbe indicarlo». «E sì boom»,gli dicono i nostri complici:«È arrivato Indro Mon­tanelli »; in effetti a via Solferino ora va molto di moda il di­r­ettore che ha fondato questo giornale per affondare quel­lo. Ancora con la storia del conflitto di interessi. E le tue scarpe? Chi te le ha regalate? E poi che sei Milano Finanza che tra parentesi scrive: società controllata dal nostro gruppo editoriale, quando parla di Italia oggi o di Cnbc. Im­maginiamo il casino in redazione. Con le Tod’s buttate nei cestini. Le Hogan regalate al portiere. I cubi di Gilli venduti su ebay. Da queste parti più modestamente si potrebbe fa­re la stessa cosa con la motoretta Garelli.

Ma davvero pen­sate che sia determinante dire che il film di Olmi becca due lire dalla Banca presieduta da Bazoli? Come se poi Bazoli si occupasse di questa roba? Il prof scrive di fede e carità, mica di argent de poche. Burini che non siete altro. La cul­tura, la fede, le trecento righe, la saggezza, l’empireo, il New York Times . Questo è il Corriere mica il Giornale .

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