Chi trova un amico trova un tesoro Ma trovare un cane è molto meglio

Il cinquanta per cento dei padroni intervistati preferisce il proprio animale ai propri simili e per Fido sarebbe disposto a interrompere una relazione

Chi trova un amico trova un tesoro  
Ma trovare un cane è molto meglio

Romain Gary aveva già combattuto a lungo nelle incongruenze della vita il giorno in cui scrisse che «il solo posto al mondo in cui si può incontrare un uomo degno di questo nome è lo sguardo di un cane». Era arrivato a questa conclusione e l’aveva affidata a una pagina di Cane Bianco, un libro che è pugno nello stomaco per chiunque, figuriamoci per quelli che amano gli animali: lì dentro c’è tutta la cruda follia di quelli che se ne vanno in giro su due gambe, di quelli che non si incontrano nello sguardo di un cane, per intendersi. Ma Gary era anche lo stesso che scriveva che «è terribile amare gli animali» perché «quando in un cane si vede un essere umano, non si può fare a meno di vedere un cane in qualsiasi essere umano, e di amarlo».

Evidentemente un eccesso di filantropia, quello di Gary. Da un recente sondaggio condotto in Canada, monitorando un campione di 505 padroni di piccoli cagnolini, è emerso che il cinquanta per cento di loro preferisce il proprio cane rispetto agli amici. Che tra la compagnia di un loro simile (per quanto simpatico, per bene, educato) e quella del loro animale non hanno un istante di esitazione. E che addirittura (per il 48 per cento del campione), se un compagno o una compagna, dovessero “mettersi di traverso” a questo legame con il “pelosetto”, a farne le spese sarebbe di certo il rapporto di coppia. E vabè, poi dal sondaggio emergevano anche altre cose: tipo che l’80% del campione concede al proprio cane quasi qualsiasi cosa (compreso stare su letti e divani), che il 60% fa loro regali per le feste (Natale, compleanni...), che il 78% coinvolge il proprio cane nelle sue attività quotidiane e che il 53% pianifica le proprie vacanze in maniera da poterlo tenere con sè.

Ora, poichè è da escludere che il sondaggio sia andato capillarmente a stanare una manciata di soggetti sociopatici, la percentuale assume il valore di un’istantanea sorprendente. Non perché non sia doveroso amare gli animali e non perché non sia sacrosanto adorare il proprio animale. Quanto piuttosto per quanto sia diventato difficile amare il prossimo.

E sgombriamo il campo da un equivoco di fondo: chi si rapporta a un animale non lo fa per comodità, per convenienza, per incapacità verso altri tipi di rapporti, per egoismo. Occuparsi di un animale è un occuparsi puntuale e coscienzioso. È un continuo parlarsi senza parole, intendersi senza gesti, sentire guardandosi, spiegarsi a carezze e divieti, a incoraggiamenti e fiducia. Ed è vero, questo sì, che si riceve immancabilmente più di quanto si dia, perché l’amore che ti arriva addosso è tutto pulito, perchè il suo darsi è senza filtri e perchè il suo sceglierti vale il doppio. Ma è vero anche che vivere con un animale significa mettersi in un amore a tempo (la vita media dei cani è di dieci, undici, dodici anni: troppo poco comunque), è prendersi una spina di dolore, la prospettiva di un lutto che per pudore non si potrà nemmeno confessare, quel dannato giorno.
Perciò insomma, il problema non sta in chi, avendo un cane, preferisce il cane agli amici.

Il problema, probabilmente sta negli amici, negli umani, in tutti noi insomma.

E certo, è più difficile che il rapporto con il proprio cane «entri in crisi», è più inusuale che con un cane si scatenino i soliti «problemi di coppia» (ma poi cosa sono questi «problemi di coppia»? Se ci sono problemi, non c’è la coppia), è più raro che un cane ci fraintenda (non così raro che ci risponda, anche male a volte), ma questo non significa che questo non sia un rapporto. Semplicemente è un altro rapporto. O anzi, forse è «il» rapporto.

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