Il Comune ha perso il primo round in tribunale e ha appena approvato il ricorso in appello. La vicenda è delicata e risale agli anni del Covid. Alle ore 19 e 29 del 27 febbraio 2021 (è un sabato) un uomo in fin di vita ricoverato all'ospedale Fatebenefratelli invia una mail al Protocollo del Comune di Milano con la «richiesta di matrimonio d'urgenza», una procedura prevista dall'articolo 101 del Codice civile «nel caso di imminente pericolo di vita di uno degli sposi». Nella mail sono allegate la certificazione medica, le carte d'identità della coppia. Con il weekend di mezzo, il Protocollo nella prima giornata lavorativa utile, lunedì primo marzo 2021, smista la corrispondenza e inviato la comunicazione all'Area Servizi al Cittadino, dove il Direttore dell'Area, nella stessa mattinata, risponde all'indirizzo di posta, fornendo tutte le indicazioni necessarie alla celebrazione, mettendo in copia i funzionari comunali competenti e in calce i propri riferimenti, anche telefonici.
Il Comune non ha mai ricevuto chiamate nei giorni successivi. In compenso, il 7 maggio del 2021 è arrivata una lettera dei legali della sposa mancata che «lamentava di aver subito un danno a causa della mancata celebrazione del matrimonio d'urgenza» dovuta all'«omesso riscontro da parte dell'amministrazione». Il Comune ha ricostruito e confermato l'invio, i legali hanno precisato che la risposta del primo marzo «non risultava visualizzata perché non inviata in formato pec». C'è stata una procedura di mediazione tra le parti, con esito negativo, quindi è scattata la richiesta di 229.423 euro per il danno patrimoniale e di quello non patrimoniale. La sentenza notificata lo scorso 2 ottobre al Comune ha accolto per ora la richiesta di risarcimento non patrimoniale, quantificata in 15mila euro.
Il 29 gennaio è fissata l'udienza per determinare se c'è stato e a quanto ammonta il danno dalla perdita della pensione di reversibilità. Il Comune, come si legge nella delibera approvata due giorni fa dalla giunta Sala, nega che ci sia stato uno «stallo comunicativo», semmai sarebbe «da addebitare alla ricorrente». E ricorre in appello.
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