Chiesa cattolica e la Merkel ai ferri corti per gli asili nido

Il clero contrario ad aumentare i giardini d’infanzia: «Un modello socialisteggiante» che consente alle donne di lavorare di più

da Berlino

Uno dei personaggi più popolari della scena politica tedesca è Ursula van der Leyen, ministro per le Famiglie. Una persona davvero eccezionale che ha tutti i requisiti per essere indicata come un esempio per le donne che vogliono conciliare carriera, successo e una vita familiare piena e serena. Quarantenne, felicemente sposata e madre di ben sette figli, oltre a essere impegnata politicamente, è anche pediatra e ha esercitato la professione fino al giorno in cui Angela Merkel le ha affidato uno dei ministeri più delicati.
Nonostante queste credenziali, Frau van der Leyen è al centro di critiche e polemiche proprio per la sua politica in sostegno delle famiglie e in particolare per una serie di misure a favore delle famiglie dove lavorano sia il papà che la mamma. Secondo un progetto allo studio della Grosse Koalition, saranno notevolmente aumentati i fondi per gli asili nido statali dove le madri che lavorano, sposate e no, durante le ore in cui sono in ufficio o in fabbrica possono lasciare i figli che ancora non vanno all’asilo vero e proprio (praticamente per i bambini tra uno e i tre anni).
Una struttura diffusissima nei Paesi scandinavi dove spesso gli asili nido si trovano all’interno delle imprese o dei ministeri. In Germania, invece, gli asili nido sono abbastanza numerosi nei Länder che un tempo facevano parte della Ddr ma non nei Länder occidentali dove sono in grado di accogliere appena il 7% della domanda. Di qui la necessità, secondo il ministro delle Famiglie, di aumentare i fondi. A opporsi è soprattutto la Chiesa cattolica per la quale gli asili nido, statali o privati, sono sì un aiuto per le madri che lavorano ma al tempo stesso un incoraggiamento a privilegiare il lavoro a danno della famiglia e dei figli.
Molto meglio, secondo la Chiesa, sarebbe una politica che incoraggi le madri in carriera a concedersi un periodo di pausa per dedicarsi interamente ai figli almeno nei primissimi anni di vita. A scatenare le polemiche è stato un duro attacco dell’arcivescovo di Augusta, Walter Mixa, il quale ha accusato la van der Leyen di voler degradare la donne al ruolo di «fabbricanti di bambini che poi vengono affidati ad altri come pacchi da depositare al mattino e ritirare la sera». «Nulla - ha detto - può sostituire l’amore e il contatto fisico con la madre di cui un neonato ha bisogno».
E sulla stessa linea sono scesi in campo gran parte dei vescovi tedeschi. Secondo il cardinale Karl Lehmann, capo della Conferenza episcopale, la politica della van der Leyen si ispira a modelli «socialisteggianti» dove lo Stato conta più della famiglia nell’educazione dei figli. Per l’arcivescovo di Colonia, cardinale Joachim Meisner, molto meglio sarebbe se il governo aumentasse gli assegni familiari a favore delle madri che interrompono il lavoro per dedicarsi ai figli facendo in modo che gli anni in cui sono assenti dal lavoro non vadano persi agli effetti della pensione.
Stando, però, ai sondaggi la maggioranza delle madri che lavorano sono dalla parte del ministro delle Famiglie.

«L’autosufficienza economica - dice Claudia Roth, leader dei Verdi - è una conquista cui le donne non intendono rinunciare. La donna tedesca delle tre K (Kinder, Küche, Kirche, bambini, cucina e chiesa) appartiene al passato».

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