Chiossone, il genovese onorato solo in Giappone

In Giappone è quasi un eroe nazionale quell'Edoardo Chiossone che ha regalato alla sua Genova la collezione prestigiosa esposta al Museo d'Arte Orientale costruito ad hoc a Villetta di Negro. In Giappone c'è la sua tomba, il Poligrafico dello Stato giapponese ha voluto una lapide commemorativa nel cimitero di Aoyama e mostre ricorrenti ne celebrano l'arte e valenza storica.
E a Genova? Niente. «Diventa addirittura difficile per gli studiosi mettersi in contatto con il Museo» aveva scritto la studiosa Lia Beretta, per molti anni addetto culturale a Tokio e Kyoto e autrice di libri su Chiossone, incisore e «grafico della moneta». L'anomalia di una figura eccellente sigillata tra le pareti del Museo viene sollevata dall'omonimo pronipote, 80 anni, 50 da tipografo e incisore per committenti prestigiosi come la compagnia di Nino Taranto, il Circo Krone di Monaco di Baviera e il Lele Luzzati di Ubu Re. Sono proprio quella matrice comune con il prozio e l'orgoglio d'appartenenza ad una città che lo archivia, a spingerlo nel 2002 a scrivere una lettera all'allora sindaco Giuseppe Pericu, mettendosi a disposizione «per poter dare il mio modesto contributo alla conoscenza e al rispetto di un nostro concittadino che tanto lustro (pochissimo riconosciuto) ha dato a Genova e alla sua Patria».
Al sindaco voleva mostrare anche la foto della tomba di Chiossone restaurata: «Sarei felice di potergliela far vedere - scriveva - Il rispetto e il ricordo evidentemente non sono per noi, ma per i Giapponesi. Però, signor sindaco, non è mai troppo tardi. Spero si possa rimediare».
Peccato che il professor Pericu non abbia mai risposto all'accorato invito di Edoardo: «Neanche due righe - insiste lui - E pensare che ci sono fior di studi e mostre itineranti su di lui». Sono passati un po' di anni da quella lettera senza risposta, ma nulla è cambiato: «Chiossone resta archiviato nella turris eburnea e le chiacchiere sul progetto di un'eventuale nuova sistemazione del Museo, sfumate». Uno sfogo che il pronipote supporta con la storia affascinante di un genovese che inventò lo yen e donò a Genova quindicimila pezzi fra sculture di bronzo, armi maschere teatrali, vasi smaltati e di porcellana, armature di samurai, corredi tombali e stampe, oggi esposti nel Museo di Villetta Di Negro, realizzato dall'architetto Mario Labò nel 1971.
Chiossone, nato nel 1833 ad Arenzano, frequenta l'Accademia Ligustica di Belle Arti e si specializza in incisione e stampa di carta moneta a Francoforte. È qui che l'artista genovese incrocia la svolta economica del Giappone che voleva diventare un Paese moderno. La delegazione giapponese si stupì dell'abilità di Chiossone che aveva lavorato anche alla Banca nazionale del Regno. Lo invitarono nel loro Paese e lo nominarono direttore dell'Officina Carte Valori. Nel 1876 creò il primo francobollo giapponese, nel '77 la prima banconota e nel '78, per la prima volta, vi riprodusse una figura umana e scelse l'imperatrice Jingu (III secolo). Fu il ritrattista dell'Imperatore Meiji e divenne il pioniere della documentazione dei beni culturali giapponesi. Viaggi costanti lo trasformarono in un conoscitore d'arte e continuò a raccoglierne esemplari fino alla morte, nel 1898. È sepolto nel cimitero di Aoyama, ma regalò a Genova la sua collezione che arrivò via mare nel 1901 e fu esposta al Palazzo dell'Accademia.


«Fino al 1940 - ricorda Edoardo - quando tutto fu imballato per salvarlo dalla guerra. In quelle casse ci resterà fino al 1972, con l'inaugurazione del Museo di Villetta Di Negro». Un personaggio-protagonista in Giappone che diventa foto sbiadita a Genova. Une delle tante di questa città matrigna.

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