Chirac alla guerra in difesa di Suez-Gdf

Il premier britannico Blair replica: «Vincerà il mercato. Downing Street è fornita di energia da Electricité de France»

da Milano

«Allons enfants...»: il presidente della Repubblica francese Jacques Chirac è sceso ieri in guerra in difesa della fusione Suez-Gaz de France contro la possibile Opa di Enel. Campo di battaglia: le battute finali del Consiglio europeo a Bruxelles. «Si è recentemente sviluppata fra gli osservatori molto superficiali la moda di dire che la Francia sarebbe protezionista» è stata solo la prima salva, poi è partita la seconda: «Quando mi si dice che in Francia c’è protezionismo sono solo parole a vanvera. Un’evidente contro-verità dal momento che siamo il Paese che in Europa è più aperto di tutti agli investimenti stranieri» ha aggiunto riferendosi probabilmente alle vicende Danone e Acelor, che hanno visto Parigi alzare le barricate contro gruppi americani e indiani non diversamente da quanto sta facendo con Enel. Secondo Chirac, l’Opa Enel «è ostile su Suez con lo scopo di smantellarla», «un’operazione puramente finanziaria, senza motivazioni economiche, contraria agli interessi degli azionisti e degli Stati francese e belga». Chirac ha poi sostenuto che gli investimenti di gruppi stranieri in Francia sono superiori a quelli che vengono fatti in Gran Bretagna, Germania e Italia, appoggiando questa tesi con cifre del Fondo monetario internazionale. Ma le cifre citate da Chirac non dicono se si tratta di acquisizioni di gruppi francesi o di investimenti nuovi. E nel caso in cui siano acquisizioni di imprese francesi, non spiegano se si tratta di aziende inserite nell’elenco dei settori considerati «strategici» da cui la Francia vuol tener fuori i gruppi «stranieri», compresi tutti gli europei.
Secondo gli osservatori e i giornalisti presenti a Bruxelles, l’entrata a «gamba tesa» del presidente francese era stata studiata con cura per produrre il massimo clamore possibile. E Chirac ha ripetuto le tesi già dette altre volte: la fusione Suez-Gdf era allo studio da tempo («da sei mesi»), ma procedeva a rilento perché «si tratta di negoziati lenti e complicati perché devono garantire l’occupazione e il livello dei salari dei lavoratori, soprattutto quelli di Gaz de France». Si tratta di imprese importanti «che non si vendono sulla bancarella degli ambulanti» ha affermato.
Insomma, la Francia è andata alla guerra, e come campo di battaglia ha scelto le istituzioni comunitarie, anche a rischio di bloccare lo sviluppo dell’Europa. Ma il premier britannico Tony Blair, al termine del Consiglio europeo, proprio riferendosi agli scontri bilaterali Italia-Francia e Germania-Spagna, ambedue su questioni legate all’energia, si è mostrato più fiducioso e ha sostenuto che «la battaglia sarà vinta alla fine da coloro che vogliono più liberalizzazioni: la maggiore concorrenza nei mercati energetici sarà benefica per l’economia e per i consumatori». Downing Street, la residenza del premier britannico, ha sottolineato Blair, «per l’energia è rifornita da aziende straniere». In questo caso da Électricité de France.
«Gli interventi di Chirac sono parsi tutti sulla difensiva» ha commentato il vicepresidente del Consiglio, Gianfranco Fini. «Un ministro degli Esteri deve essere sempre un po’ diplomatico, figurarsi quando deve commentare le dichiarazioni di un capo di Stato. Ciò non mi impedisce di dire - ha aggiunto - che le parole di Chirac sono apparse, non solo a me, un po’ sulla difensiva e che non dico tutti, ma molti in Europa sanno che non è propriamente come ha detto».

«È tutto meno che un’operazione solo finanziaria, l’operazione che l’Enel aveva lanciato in Francia è di squisito carattere economico e di economia reale perché si tratta di creare una multinazionale a livello europeo in grado di competere nel mercato globale dell’energia» ha detto il ministro Gianni Alemanno.

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