Poi alla fine arriva David Villa. Se lo dovevano aspettare i sudamericani. Nessuna «maraVilla», ieri sera, solo il colpo da biliardo giusto al momento giusto. Invenzione di Iniesta, Pedro che prende il palo, il «guaje» che è lì pronto per riportare la Spagna nella storia: palo, riga, palo, gol. Villa fa cinque in questo mondiale, ha fatto gol impossibili, ma quello di ieri sera nella sua semplicità è stato il più difficile. Perché quel pallone che balla sulla linea da un palo all’altro ha fatto tremare mezza Spagna, la stessa Spagna che aspettava di entrare tra le prime quattro del mondiale dal 1950. Ora si pensa già alla Germania, come nella finale di Euro 2008, ma quanto hanno sudato le furie rosse.
Fino a ieri sera, la Spagna nel suo cammino mondiale aveva concesso agli avversari solamente 9 nove tiri nello specchio della porta. Contro il Paraguay, i guanti di Iker Casillas sono rimasti immacolati solamente 51 secondi, fino al tiro in girata di Santana. Nulla di trascendentale, semmai la prima, pericolosa, avvisaglia di una serata più difficile di quanto le furie rosse di Del Bosque potevano aspettarsi. Superato in carrozza il derby contro il Portogallo, in patria in tanti erano pronti a scommettere che la partita contro i sudamericani doveva essere solamente una passerella verso la semifinale. Niente di più errato.
Partita vera, brutta e noiosa per chi ama ricami e lustrini, avvincente e divertente per il suo svolgimento, equilibrato ma al contempo imprevedibile. Al 13’ della ripresa Cardozo s’è fatto parare un rigore da Casillas, sul ribaltamento d’azione Alcaraz ha steso Villa in area, Xabi Alonso ha segnato il primo ma Batres ha fatto ripetere, lo spagnolo ci ha riprovato, ha cambiato angolo e Villar gliel’ha parato. Per la Spagna, tutto da rifare.
Perché il Paraguay, come la nazionale di Lippi aveva già brutalmente constatato, è una delle nazionali più difficili da affrontare: una nazionale che ti toglie il respiro, una nazionale che ti costringe a giocare male. L’hanno buttata sulla corsa e sul fisico, non sulle randellate come qualcuno forse credeva: dopo 15 minuti uno dei 22 in campo perdeva sangue dal naso, ma non era uno spagnolo era Santana, toccato duro in uno scontro fortuito con Xavi. Il Paraguay ha giocato come chi, giustamente, il suo mondiale l’aveva già vinto, non avevano nulla perdere, sono scesi dal pullman che gli ha portati allo stadio ridendo e ballando, in campo hanno fatto ballare gli spagnoli. E non era Flamenco.
Busquets, regista arretrato dei rossi, ne aveva sempre tre addosso ogni volta che toccava un pallone, Puyol idem, ha dato più palloni al portiere Casillas di quanti ne abbia passati ai propri centrocampisti. Veron si è appiccicato a Villa fin dal primo secondo di gioco, lo spagnolo se l’è trovato addosso anche negli spogliatoi a fine primo tempo, i paraguayani avevano le idee chiarissime su come provare a vincere la partita. Caceres era da solo davanti alla difesa, ma sembrava fossero in tre per quanto ha corso e pressato gli avversari.
Nei primi 45 minuti, Del Bosque ha frullato le sue pedine d’attacco più di quanto aveva fatto nelle quattro precedenti gare. È partito con Torres largo a destra, Villa centrale e Iniesta sulla sinistra; poi ha mandato Villa largo a sinistra, a cercare gloria dalla sua zolla preferita, ha alternato Xavi Hernandez e Xabi Alonso a ridosso degli attaccanti, ha chiesto a Sergio Ramos e Capdevila di attaccare con più frequenza i terzini biancorossi: più che tutto inutile, tutto frustrante. In trequarti d’ora Villar non ha visto un tiro arrivare verso la sua porta, al 29’ Xavi ha provato una magia, stop di sinistro e girata al volo di destro, il paraguayano era colpevolmente a metà strada, per sua fortuna la parabola iberica è finita alta di un niente.
Poi è arrivato Villa. Senza meraviglie, ma per una sera può bastare anche così.
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