Ci voleva quel geniaccio di Du Welz per raccontare (bene) il Mostro di Marcinelle

In "Maldoror" si ricostruisce un'epoca tra horror e riscatto

Ci voleva quel geniaccio di Du Welz per raccontare (bene) il Mostro di Marcinelle
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È ispirato ai tragici fatti del cosiddetto Mostro di Marcinelle che, nel 1996, si scoprì aver rapito, violentato e torturato sei ragazze tra gli otto e i diciannove anni, Maldoror il nuovo film del geniaccio belga Fabrice Du Welz presentato fuori concorso alla 81a Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia. Per farlo, il regista, che contamina spesso i suoi film con venature horror tutte sue, si concentra su un solo personaggio, quello di Paul Chartier (interpretato da un camaleontico Anthony Bajon), una giovane recluta della Gendarmerie di Charleroi che, nel momento in cui due ragazzine in Belgio scompaiono, viene assegnato all'operazione Maldoror per monitorare un laido personaggio con precedenti di violenza sessuale.

Il film costruisce in maniera magistrale un personaggio impulsivo che cerca il riscatto sociale rispetto ai bassifondi da cui proviene, madre prostituta e padre in carcere, sposandosi con una ragazza della comicità italiana anche se appartiene a un corpo di polizia poco considerato usando un eufemismo nel suo Paese. Proprio su questo aspetto la sceneggiatura, scritta dal regista con Domenico La Porta, concentra annotazioni d'epoca interessanti e costruisce una rivalità tra polizie all'americana.

Mentre invece il tono del film è quello di un Belgio industriale, slavato e spento, in cui il regista ha gioco facile a inserire elementi quasi horror nella caccia che il poliziotto, stufo dei limiti del sistema legale che sembra fatto per coprire colpevoli molto in alto, intraprende in solitaria.

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