Tutta la genialità di Mao consisteva in questo ragionamento: «La Cina è un paese di contadini. Quindi è con loro nelle campagne, non con gli operai nelle città, che la rivoluzione va fatta. Per attrarveli, bisogna non confiscare le terre, ma dargliele in proprietà, almeno in un primo momento. Questo il Kuomintang non ce lo consentirà mai. Quindi bisogna accaparrarci qualche provincia in cui instaurare un nostro regime». Naturalmente questo era più facile da dire che da fare. Mao ebbe il merito di farlo. Ma tutto il suo «pensiero», che manda in visibilio tanti imbecilli nostrani, è in questo solido realistico buon senso, che poi è la vera qualità degli autentici capi politici e la chiave del loro successo.
Ora, a cadavere caldo, molti si chiedono se Mao ha diritto alla qualifica che egli stesso ha sovente e insistentemente rivendicato, di erede e continuatore di Lenin. Ma a noi proprio non pare. Un Lenin cinese o avrebbe smesso di essere Lenin, o non avrebbe mai conquistato la Cina.Indro Montanelli - 11 settembre 1976
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