Anche per un'arte giovane, come il cinema dell'epoca, gli anni Venti del Novecento rappresentarono un capolinea. Un punto di svolta da cui in molti non uscirono vivi. Ruggenti ma al tempo stesso lascivi. Corrotti. Impietosi. Proprio questo lato deteriore di una Hollywood ai primi vagiti è messa in primo piano da Babylon che in oltre tre ore rappresenta il peggio della Mecca del cinema. Un romanzo kolossal con molti riferimenti alla storia. Il personaggio interpretato da Brad Pitt è ispirato liberamente alla vita di John Gilbert, attore in voga nel muto, cui venne stroncata la carriera con l'avvento della sonorità e la perfidia del destino che se lo portò via a 36 anni. La Nellie LaRoy di Margot Robbie ricorda invece Clara Bow, la «maschietta» che aveva alle spalle una storia familiare di abusi di un padre orco e una madre schizofrenica che provò a impedirle la carriera, tentando di tagliarle la gola. La giornalista scandalistica ricalca le figure - al tempo note - di Louella Parsons e Hedda Hopper, insomma c'è di tutto e c'è soprattutto tanta cura dei dettagli in una sceneggiatura di 180 pagine dalle quali non è stato tagliato nulla. Ne esce un film che vorrebbe essere dotto se l'erudizione non fosse totalmente estranea alle tante cadute di stile - peraltro necessarie ai fini della trama - con scene a tratti tutt'altro che eclatanti. La classe e l'abilità del regista Damien Chazelle sta proprio nel dare pura e scintillante qualità con la scelta di un cast di stelle e una sequenza finale che gioca con la nostalgia e il futuro. Coincidenza di opposti che solo un talento sa maneggiare con eguale abilità. Segnatevi anche il nome di Diego Calva, messicano trentenne, di cui sentiremo parlare.
Un film per tutti che rischierà di appassionare i cinefili, attenti non soltanto a ricercare il piacere di vedere e scoprire titoli ricercati ma affamati di letture per addentrarsi nella cornice sociale delle varie epoche. Per loro Babylon sarà un invito a nozze che risulteranno forse più indigeste a chi in sala va di rado... solo per divertirsi, dimenticando che il cinema è soprattutto cultura.
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