"Il ciclone" è considerato il miglior film di Leonardo Pieraccioni: ecco perché

Il ciclone è il film diretto e interpretato da Leonardo Pieraccioni, che molti considerano la sua opera migliore. Ecco i segreti di questo successo che sembra senza fine

"Il ciclone" è considerato il miglior film di Leonardo Pieraccioni: ecco perché

In onda questa sera alle 21.20 su Italia 1 Il ciclone è considerato da molti il film migliore tra quelli realizzati da Leonardo Pieraccioni. Uscito poco dopo il successo de I laureati, il film è un chiaro manifesto di tutti quegli elementi che il regista e interprete inserisce in tutti i suoi lungometraggi: a partire da un protagonista assolutamente comune e anonimo che si trova a fare i conti con la paura di crescere, di prendersi le proprie responsabilità e di arrendersi all'amore che, il più delle volte, irrompe all'orizzonte proprio come un ciclone.

Il ciclone, ecco la trama del film

Uscito in sala nell'ormai lontanissimo 1996, Il ciclone racconta la storia di Levante (Leonardo Pieraccioni), un uomo comune, senza grandi qualità. Un ragioniere che sembra rendere concreti tutti i luoghi comuni legati alla professione e che si occupa principalmente di tenere la contabilità delle attività commerciali del piccolo paesino toscano dove è nato e cresciuto, compreso quello dell'amica Carolina (Tosca D'Acquino), innamorata di lui dai tempi della scuola, ma senza grandi speranze di veder realizzato il proprio sogno d'amore. Anche perché Levante ha dei problemi abbastanza seri nel rapportarsi con l'altro sesso. Problemi che emergono con maggior chiarezza quando nel casolare in cui Levante vive con il padre, la sorella (Barbara Enrichi) e il fratello (Massimo Ceccherini), arriva un corpo di ballo guidato da Naldone (Alessandro Haber). Tra le ballerine che si "accampano" a casa di Levante, scambiandola per un agriturismo ricettivo, c'è anche Caterina (Lorena Forteza) che farà girare la testa al protagonista, nonostante sia già impegnata in un'altra relazione. In una cornice di comicità, buon cibo e musica, Levante deve imparare a lasciarsi travolgere, perché l'amore a volte si presenta sotto forma di uragano determinato a distruggere tutto.

I segreti dietro il successo del film

Dopo la sua uscita, Il ciclone fu accolto con enorme favore sia dal pubblico che da una parte della critica, tanto da riuscire a vincere due Nastri d'Argento, un Globo d'Oro e ben tre David di Donatello. Inoltre il lungometraggio è diventato così popolare da entrare nell'immaginario collettivo, come un bagaglio culturale condiviso dagli spettatori di tutta Italia. Ne è un esempio - come scrive anche Coming Soon - il fatto che la cantautrice Levante abbia scelto questo nome d'arte per la sua carriera musicale proprio come omaggio al protagonista interpretato da Leonardo Pieraccioni.

Quando una pellicola riesce a fare questo - a uscire dall'inquadratura e ad avere un impatto di qualunque genere sulla vita "reale" del pubblico - smette di essere una semplice forma d'arte e diventa qualcos'altro, qualcosa che è destinato a sopravvivere al tempo e all'oblio. Ma a cosa si deve il successo de Il ciclone? Il primo motivo si deve ricercare nell'immediatezza di Pieraccioni. Sebbene questo possa non piacere a qualche cinefilo snob, l'anima popolare del cinema, il suo voler essere una forma di intrattenimento, è qualcosa che Leonardo Pieraccioni non ha mai dato per scontato: ne Il ciclone l'autore non si guarda né si parla addosso, come potrebbero fare registi dai nomi più altisonanti, ma si rivolge sempre al pubblico, crea un dialogo diretto ed immediato con chi paga un biglietto o è seduto nella comodità del proprio divano.

Leonardo Pieraccioni con Il ciclone voleva divertire e divertirsi mentre raccontava una storia e per farlo ha scelto un tono colloquiale, popolare (inteso nel senso più positivo del termine), senza ergersi a dispensatore di verità, ma presentandosi come un semplice mattatore che a qualche battuta di dialogo di dubbio gusto ha saputo controbilanciare un universo diegetico fatto di festa, di compagnia, di buon cibo e di musica. Elementi, questi, che caratterizzano la stessa cultura popolare italiana e che, proprio per questo, fa sì che il film risulti in qualche modo universale. Anche nelle scelte più apertamente grottesche se non proprio demenziali - come nel caso di Massimo Ceccherini e della sua "ricerca di Dio" - lo spettatore riesce a trovare sempre un motivo o un elemento di empatia, di coinvolgimento e di familiarità, per cui la sensazione che si prova nel vedere il film è quella calorosa che si avverte quando si incontrano vecchi amici.

A tutto questo si deve aggiungere anche un cast di comprimari che non si limitano a pronunciare le proprie battute, ma mettono al servizio dell'intrattenimento il proprio talento interpretativo, come nel caso di Tosca d'Aquino o Alessandro Haber, che si prestano ai "giochi" di Pieraccioni con la professionalità che li contraddistingue. A fare da ciliegina sulla torta, infine, c'è la scelta di ambientare l'intera storia in un microcosmo, quasi Pieraccioni avesse voluto scrivere una parodia del "dramma da camera", in cui tutti i personaggi si trovano a muoversi in un ambiente circoscritto. Sebbene ne Il ciclone la location non sia una stanza ma un intero paesino, la sensazione è comunque quella di un mondo chiuso, protetto dall'esterno, che ha saputo conservare un po' di quella magia che è andata persa anno dopo anno, nel gioco al massacro di un capitalismo sempre più famelico che divora qualunque bellezza trovi sul proprio cammino.

Il ciclone può essere considerato il miglior film di Pieraccioni per questa capacità che ha di farci ridere mentre ci fa in qualche modo sentire al sicuro, protetti da quell'aura di calore delle vecchie storie, dove il lieto fine era assicurato e dove non c'era mai spazio per la tragedia e l'orrore.

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