“Lubo”, miscuglio tra dramma, revenge-movie e documento storico

Una vendetta personale, quella di un uomo a cui hanno tolto tutto, viaggia parallela allo svelamento di una brutta pagina di Storia, di diritti negati e di leggi razziste

“Lubo”, miscuglio tra dramma, revenge-movie e documento storico
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Debutto in concorso, oggi al Lido, per Giorgio Diritti con “Lubo”, un film storico della durata di ben tre ore, ambientato tra il 1939 e la fine degli Anni 50.

Lubo (Franz Rogowski) è un nomade e artista di strada con una moglie e tre figli piccoli. Un giorno in maniera inaspettata si trova chiamato dall’esercito elvetico a difendere i confini nazionali dal rischio di un’invasione tedesca. Poco tempo dopo viene raggiunto da un parente e informato di come la moglie sia morta tentando di impedire ai gendarmi di prendere i loro bambini, senza riuscirci. La prole, in quanto di famiglia Jenisch, viene strappata ai genitori come da programma di rieducazione nazionale per i bambini di strada. Lubo allora decide di disertare e di andare alla loro ricerca, costi quel che costi. Scoprirà anche molte altre storie come la sua e si batterà per fare giustizia.

Tratto dal romanzo “Il seminatore” di Mario Cavatore, “Lubo” rivela una pagina di Storia poco conosciuta, riguardante malefatte accadute in Svizzera per cinquanta anni e giustificate dalla legge.

Il film mostra come possa accadere che le istituzioni emanino, pur in buonafede, norme discriminatorie. Quelle in scena appartengono a un’epoca in cui addirittura si avallavano logiche razziste. Il parallelo con il nazismo e la sua persecuzione degli ebrei è cristallino, gli anni sono i medesimi e la trama di “Lubo” avrà a che fare con il tesoro di dieci famiglie ebree, consegnato a una persona affinché lo mettesse al sicuro proprio in Svizzera.

A strappare i figli ai cosiddetti zingari è un'organizzazione retta sugli stessi principi dell’eugenetica che fecero tutti i danni che sappiamo. Dilaganti in Europa fin dagli anni Trenta, tali intenti rieducativi comportavano perfino la sterilizzazione di alcuni soggetti. Per non parlare di come l’intera dinamica di riassegnazione dei bambini potesse far gola a finti volenterosi con problemi di pedofilia. “Lubo” mette assieme tutto questo a molto altro, come la reazione a suo modo "squilibrata" con cui Lubo lo zingaro, mimetizzatosi nell’alta società come gentiluomo ricchissimo, attua una vendetta dai risvolti inaspettati.

Giorgio Diritti, regista di “Il vento fa il suo giro” e di “Volevo nascondermi” (il film su Antonio Ligabue interpretato da Elio Germano), ha confezionato una riflessione sul concetto di giustizia e sulle contraddizioni delle istituzioni, in cui si sottolinea come principi irrazionali generino dolore, rabbia e violenza, andando a incidere indelebilmente su moltissimi destini.

Alla minoranza nomade degli Jenisch furono portati via circa 2000 bambini tra gli anni Trenta e gli anni Settanta. Inquietante sia avvenuto in Svizzera, paese civile e democratico anche in tempi meno virtuosi.

“Lubo” è un film dallo sforzo produttivo internazionale imponente, dalle location suggestive e dai particolari storici curati, però la sensazione è che sia in concorso a Venezia per il messaggio più che per l’esecuzione. Funzionerebbe benissimo come sceneggiato in due puntate sulla prima rete nazionale, per dire.

Ottima la prima

parte ma poi il film perde in equilibro narrativo, allungandosi all’inverosimile nella seconda. Eccessivamente blando il ritmo: le tre ore si sentono tutte.

Nelle sale cinematografiche il 9 novembre 2023.

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