Morto Ryan O’Neal. Recitò anche in "Barry Lyndon"

L'attore americano, famoso tra gli anni '60 e '70, aveva 82 anni

Morto Ryan O’Neal. Recitò anche in "Barry Lyndon"
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È morto a 82 anni a Los Angeles Ryan O’Neal, figlio d’arte (padre sceneggiatore di origini irlandesi e madre attrice), la cui grandissima popolarità è legata a due ruoli che lui stesso ha finito per odiare, quello di Rodney Harrington nella soap opera Peyton Place alla fine degli anni ’60 e quello di Oliver Barrett IV che gli valse la candidatura all’Oscar come miglior attore nel film che farebbe piangere anche le pietre, lo struggente Love Story (1970) di Arthur Hiller, «il cui successo - ha scritto il figlio Patrick su Instagram - ha salvato la Paramount e gli è valsa la stella sulla Hollywood Walk of Fame di Hollywood».

All’epoca non aveva nemmeno compiuto trent’anni e già era divorziato con tre figli, Patrick appunto, avuto dalla collega di Peyton Place Leigh Taylor-Young, e Tatum e Griffin, con cui instaurerà rapporti turbolenti, avuti da un’altra attrice, Joanna Moore, per poi essere invidiato da tutti perché, dalla fine degli anni ’70 fino alla morte nel 2009, è stato legato alla bionda Farrah Fawcett (con la quale ha avuto il quarto figlio Redmond), l’attrice di Charlie’s Angels il cui famoso poster con il costume da bagno rosso vendette 12 milioni di copie.

Capelli biondi e ricci, faccia pulita, per Hollywood Ryan O’Neal era il perfetto ragazzo di buoni sentimenti da portare sul grande schermo. Così, dopo il western Uomini selvaggi di Blake Edwards, Peter Bogdanovich lo sceglie per Ma papà ti manda sola? dove duetta ingenuo con una scatenata Barbra Streisand (come nel ’79 in Ma che sei tutta matta? di Howard Zieff) ma, soprattutto, nel road movie Paper Moon (1973) accanto alla figlia Tatum che l’anno dopo ottiene l’Oscar come migliore attrice non protagonista, la più giovane a undici anni.
Poco dopo, la storia del cinema in persona, ossia Stanley Kubrick, lo chiama per l’antieroe Redmond Barry in Barry Lyndon che restituisce una sua immagine diversa, più introspettiva e asciutta, proprio come in uno dei film più importanti della sua carriera, Driver l’imprendibile (1978) di Walter Hill che ha più che ispirato i recenti Drive di Nicolas Winding Refn e Baby Driver di Edgar Wright.

Ciononostante la carriera di Ryan O’Neil non ha preso la piega fortunata di altri suoi coetanei, come Nicholson,

Pacino e De Niro, e, pur avendo continuato a recitareal cinema per l’ultima volta in Knight of Cups di Terrence Malick (2015) e in tv nelle serie Bones e 90210 -, non è più riuscito a ripetere i successi dei suoi anni d’oro.

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