Shall we dance? è il lungometraggio che va in onda questa sera alle 21.10 su La5. Uscito in sala nel 2004 per la regia di Peter Chelsom, il film è stato costretto - come si legge su Coming Soon - a modificare il proprio luogo di riprese per allontanarsi dalla possibilità di contagio della SARS, che all'inizio del 2003 rappresentava una minaccia reale.
Shall we dance?, la trama
John Clarke (Richard Gere) è un avvocato di successo, che però vive un momento della sua vita dove la noia sembra farla da padrone e la routine non è più in grado di soddisfare il suo bisogno di novità. Un giorno, dopo il lavoro, fa la conoscenza di Paulina (Jennifer Lopez), una maestra di ballo che tiene corsi a cui l'uomo si iscrive quasi immediatamente, sospinto da un bisogno a cui non sa dare nome. Sotto la guida non proprio sicura di Miss Mitzi (Anita Gillette), proprietaria della scuola, John comincia a fare progressi nella danza e anche nella sua amicizia con Paulina, che pian piano si apre con lui, confessandogli anche il motivo che l'ha spinta a prendere decisioni che hanno cambiato la sua vita. Intanto la moglie di John, Beverly (Susan Sarandon), vive all'oscuro della nuova passione del marito e non immagina quello che John fa dopo il lavoro. Ma i segreti, come le bugie, hanno le gambe corte e ben presto la verità verrà a galla.
Il mistero dei gioielli di Susan Sarandon
Tratto dalla pellicola giapponese dal titolo Shall we dansu di Masayuki Suo uscita nel 1996, Shall we dance? è una commedia che si presenta allo spettatore senza troppe pretese né alcuna velleità artistica. Il suo scopo non è quello di entrare negli almanacchi della storia del cinema, ma solo di offrire una forma di intrattenimento onesta e piacevole, ben realizzata, che possa accompagnare lo spettatore per un paio d'ore lontano dalla monotonia della vita quotidiana. Un risultato che Shall we dance? riesce ad ottenere anche grazie - e, forse, soprattutto - al talento dei protagonisti messi in campo, grandi attori che con le loro interpretazioni hanno saputo restituire un senso di verosimiglianza in questa fiaba un po' atipica. Nonostante il tono leggero del film, Shall we dance? ha però alle spalle una storia terribile e macabra che vede come protagonista indiretta la star Susan Sarandon.
Come si legge sul sito dell'Internet Movie Data Base, infatti, l'attrice era impegnata nelle riprese del film quando si accorse che erano spariti alcuni suoi gioielli. Il furto, avvenuto da una macchina della produzione ferma sul set, riguardava un maltolto di un valore di circa quattromila dollari. Susan Sarandon, resasi conto di quello che le era stato sottratto mentre era impegnata a lavorare, allertò subito le forze dell'ordine, descrivendo con precisione la natura e la forma dei gioielli, tra cui c'era anche un girocollo d'oro. Con la denuncia regolarmente registrata, Susan Sarandon non avrebbe mai e poi mai potuto immaginare come sarebbe evoluta quella storia. I suoi gioielli, infatti, vennero ritrovati sulla scena di un crimine violento ed efferrato il 4 luglio del 2003. Quello che è diventato famoso come il The Shall We Dance Murder - da cui l'esperto di true crime Dan Zupansky ha anche tratto un romanzo omonimo - vede come protagonista Sidney Teerhuis.
Secondo la ricostruzione fatta dalla Winnipeg TV News, Sidney Teerhuis si recò in commissariato per affermare che, al risveglio dopo una sbornia che lo aveva lasciato privo di ricordi, aveva trovato un suo conoscente morto. Quando la polizia si recò però nella stanza affittata da Teerhuis, si trovò davanti a una vera e propria scena del crimine che spinse gli agenti a comprendere di essere nel bel mezzo di un caso di omicidio. La vittima, Robin Greene, era stata accoltellata non meno di 68 volte e del suo corpo era stato fatto un vero e proprio scempio: smembrato, privato dei principali organi vitali (che non vennero mai ritrovati) e decapitato. A pochi metri di distanza dalla vasca da bagno in cui era stato abbandonato il cadavere vennero ritrovati infine i gioielli che erano stati rubati a Susan Sarandon.
Teerhuis portò avanti la propria difesa asserendo più e più volte che durante l'omicidio - perpetrato ai danni di un uomo che si scoprì successivamente essere un suo partner di letto - lui era in completo blackout e che, dunque, non aveva ricordi di quello che era accaduto. Nonostante le sue affermazioni, però, la giuria lo ha ritenuto comunque colpevole di omicidio di secondo grado e ha chiesto anche la possibilità di negargli la libertà sulla parola per almeno venticinque anni.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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