Strega, fata o "brillante", una bellezza da commedia

Il suo fascino pulito non la confinò solo ai ruoli sexy. Pozzetto e Verdone furono partner ideali per lei. Il cinema la trascurò e lei si è dedicò a serie e show tv

Strega, fata o "brillante", una bellezza da commedia
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«Sarò la dolce strega che tu vuoi...». Ammiccava così Eleonora Giorgi nella canzone Magic nei titoli di coda di Mia moglie è una strega, in coppia con Renato Pozzetto. Correva l'anno 1980 ed è difficile immaginare oggi il livello di popolarità che l'attrice, nata il 21 ottobre del 1953 a Roma dove è morta ieri dopo un cancro al pancreas scoperto nel 2023 e il cui decorso ha voluto condividere - sempre con il sorriso - con gli italiani, aveva già raggiunto.

Era una decina di anni che Eleonora Giorgi, splendida ventenne dai capelli biondi e mossi e due occhi azzurri grandi così, era apparsa in tanti film a partire dal conventuale Storia di una monaca di clausura di Domenico Paolella, ma prodotto da Tonino Cervi, suo scopritore. Fu l'inizio di una serie di ruoli nel cinema soft erotico con Appassionata di Gianluigi Calderone, in cui seduce il padre dentista della sua migliore amica (lui è Gabriele Ferzetti, lei Ornella Muti in odor di incesto). Seguono film come Il bacio, La sbandata, in cui se la fa con lo zio d'America, Conviene far bene l'amore, accanto a Christian De Sica. Sono anni caldi, in tutti i sensi, per Eleonora Giorgi che racconterà la dipendenza dall'eroina dopo la morte, nel 1974, lo stesso anno in cui appare senza veli sulla copertina di Playboy, del suo fidanzato diciassettenne su una maximoto che non poteva guidare e che lei gli aveva prestato.

Fortunatamente il cinema italiano non l'ha sommersa sempre negli stessi ruoli, ma l'ha salvata grazie a grandi autori come Alberto Lattuada (Cuore di cane), Giuliano Montaldo (L'Agnese va a morire), Franco Brusati (Dimenticare Venezia), Liliana Cavani (Oltre la porta): «Penso che nel cinema d'autore ispirassi l'immagine della biondina tranquilla con un'aria molto botticelliana», mi aveva detto in un'intervista per i suoi 70 anni. E siamo già all'alba degli Ottanta con Castellano e Pipolo che, in Mani di velluto, costruiscono la straordinaria coppia con Adriano Celentano. Il pubblico apprezza e il film diventa il sesto maggior incasso. Nasce una stella amata dal pubblico che, con Borotalco di Carlo Verdone nel 1982 (lo stesso anno in cui ebbe un flirt con Warren Beatty), verrà consacrata come grande attrice brillante (premio David di Donatello), per un film che negli anni è diventato un cult con la sua rivendicativa Nadia: «Anche io ho diritto a una mia dimensione».

Per dire della sua popolarità, in quei dieci anni Eleonora Giorgi ha girato più di 25 film e, nel 1979, aveva anche sposato l'editore Angelo Rizzoli - insieme ebbero il figlio Andrea - prima che lo scandalo P2 travolse l'imprenditore e la stessa coppia, che divorziò nel 1984. La vita privata dell'attrice è stata costellata da grandi amori, quello con Massimo Ciavarro che sposa nel 1993, due anni dopo aver avuto il figlio Paolo. Nel '96 la separazione (poi, fino al 2007, il suo compagno sarà lo scrittore Andrea De Carlo) ma i due rimangono legati tanto che Ciavarro produrrà il suo secondo film da regista, L'ultima estate, del 2009, da lei sceneggiato proprio come l'opera prima Uomini & donne, amori & bugie del 2003, film in cui fa esordire un giovane Michele Riondino sul grande schermo.

La realtà, dolorosa, è che quando lei ha 50 anni il cinema italiano già non la chiama più e, sempre combattiva, negli anni '90 e Duemila si concentra sulla televisione, partecipando a serie di successo come Lo zio d'America, Morte di una strega e I Cesaroni.

L'ultima parte della carriera è legata ancora alla tv, ma da concorrente, in trasmissioni popolari come Ballando con le stelle 13 e il Grande Fratello VIP 3 che, ironia della sorte, era ospitato a Cinecittà dove, nella primavera del '75, la Giorgi visse, dormendoci anche, la lavorazione di Cuore di cane

di Alberto Lattuada. E lei, ancora una volta, come per la malattia, invece di immalinconirsi, l'aveva presa bene: «Quando ho visto l'enorme studio di cartapesta costruito proprio dentro Cinecittà, m'è presa un'euforia...».

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