La "trilogia della giustizia" è la sentenza di Eastwood 

Dopo "Sully" e "Il corriere" Clint ribadisce la sua filosofia basata sul conservatorismo di matrice protestante

La "trilogia della giustizia" è la sentenza di Eastwood 

Un’immagine sin troppo emblematica del nuovo film di Clint Eastwood, Giurato numero 2, immortala la bilancia della giustizia. Dovrebbe oscillare da una parte o dall’altra, stabilendo innocenza o colpevolezza in maniera corretta. Ma - il film sta lì a ricordarcelo - la giustizia è uno strumento possente nelle mani degli uomini. Che spesso lo piegano a propria convenienza. L’intreccio narrativo è semplice quanto spettacolare. Siamo a Savannah, in Georgia. Una coppia litiga furiosamente. È l’ennesimo litigio consumato in pubblico. I due si separano. In seguito, la donna viene trovata morta. L’uomo in passato ha avuto comportamenti violenti. Quindi è lui il colpevole, senza dubbio. Al processo viene chiamato in qualità di giurato un giornalista che ha avuto problemi di alcolismo. Durante il dibattimento gli sorge un atroce dubbio. Con tutta probabilità è stato lui a investire la donna. Pensava di aver urtato un animale. Il piatto della bilancia, ora, correttamente e secondo giustizia, dovrebbe pendere dalla parte dell’innocenza. Ma l’uomo dovrebbe trasformarsi da giudice in colpevole. Il dilemma è dilaniante: abbandonare la famiglia o continuare come se nulla fosse accaduto? La scelta è umanamente comprensibile, pur se moralmente intollerabile. Mischia le carte, gioca d’astuzia, insabbia, confonde. Trucca l’esito finale. All’innocente tocca il carcere a vita; al colpevole la perenne libertà. La colpa non è della giustizia. La colpa è dell’essere umano. Quest’ultimo il «libero arbitrio» lo ha esercitato sino in fondo. Ha deciso lui, e lui soltanto, di falsare il corso degli avvenimenti.

È il terzo film, in meno di un decennio, che il regista americano ultranovantenne dedica al problema della giustizia. Nel 2016 conSully aveva esplorato l’assurda vicenda di un eroe per caso. Il pilota di un volo di linea, in disperata emergenza, ammara nel fiume Hudson. Una manovra mai tentata, grazie alla quale riesce a salvare la vita dei 150 passeggeri e dell’intero personale di bordo. Diventa una celebrità nazionale. In cambio gli tocca subire un processo ingiusto. Le autorità hanno il sospetto che abbia commesso gravi errori di pilotaggio. Un vero e proprio calvario. Dalle stelle alla polvere. Poi di nuovo alle stelle. Giustizia è fatta. Nel 2018 in Il corriere - The Mule un anziano dal pessimo carattere, egoista e scorbutico, REATI Sopra, Nicholas Hoult in «Giurato numero 2». Sotto, le locandine di «Sully» (2016) e di «Il corriere - The mule» (2018). La «trilogia della giustizia» di Clint si trasforma in corriere della droga. Scoperto e trascinato in tribunale, potrebbe giovarsi dell’età, sin troppo avanzata, per ottenere una pena leggera. Anzi, forse persino potrebbe farla franca. Invece il «libero arbitrio» lo porta a comportarsi in maniera diametralmente opposta al protagonista diGiurato numero 2: ammette la piena consapevolezza dei comportamenti, determinando e accettando con serenità la pena conseguente.

La «trilogia della giustizia» di Eastwood è stata edificata su una filosofia di fondo propria del conservatorismo individualistico di matrice protestante. La legge morale deriva dal Libro Sacro, in special modo dall’Antico Testamento. Lì si trova il senso della vera giustizia. L’America si è fondata sul Libro Sacro. E ancora oggi il presidente nell’atto di ottenere il mandato di guida della nazione, giura sulla Bibbia. Le istituzioni possono stabilire leggi, intraprendere percorsi, varare progetti, fissare obblighi. Tanto sono temporanei. Quindi non vale la pena di rimarcane l’imperfezione, poiché l’imperfezione è connaturata al «tempo storico». Al quale si contrappone il «tempo morale», dove il comportamento dell’individuo annulla ogni stortura, piccola o grave, ogni deviazione, ogni abuso, ogni ingiustizia. Sin dalle origini l’America ha convissuto ciclicamente con l’esistenza di due culture: una primitiva; l’altra contemporanea. E quest’ultima spesso ha dato l’impressione di cancellare, riducendola ai minimi termini, la primitiva.

Negli anni Sessanta del secolo passato la «controcultura» sembrava aver spazzato via la cultura valoriale dominante wasp. Così è oggi la «controcultura » woke. Ma sulle rovine del «mondo (ciclicamente) moderno» si stagliano figure inclassificabili e imprevedibili, come Henry David Thoreau nella seconda metà dell’Ottocento, o Clint Eastwood oggi. Le regole della giustizia le fissano gli individui. Il finale di Mystic River(2003) ne è una perfetta esemplificazione. Il colpevole è il violento criminale o la violenta società che ha prodotto il criminale? Bene e male convivono. Non possono essere separati. Lo sostengono soltanto i moralisti.

I tre protagonisti del capolavoro di Eastwood incarnano le dinamiche basilari dell’esistenza: la vittima, il carnefice, l’impotenza della giustizia. È lo stesso tema, trattato in maniera differente, diGiurato numero 2. La giustizia non è fatta. Ma l’uomo ha perfettamente chiaro cosa è giusto e cosa è sbagliato.

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