In concorso alla Mostra del Cinema di Venezia 2023 oggi è la volta di “Ferrari”, il film firmato Michael Mann e inerente Enzo Ferrari, leggendario fondatore di una delle case automobilistiche sportive e di lusso più famose al mondo, nonché uno degli imprenditori, italiani e non, più importanti del ventesimo secolo.
Mann, già regista di pellicole divenute classici come “L’ultimo dei Mohicani” e “Heat - La Sfida”, mancava da ben 8 anni dietro la macchina da presa. La sua nuova fatica non racconta l’intera vita di Enzo (Adam Driver), bensì un preciso e difficile momento, alcuni mesi del 1957, in cui la Ferrari, azienda che lui e la moglie Laura (Penelope Cruz) hanno fondato dieci anni prima, entra in crisi rischiando il fallimento. Per risanare i bilanci, l’unica mossa rimasta è tentare di vincere la storica corsa Mille Miglia. Nello stesso periodo anche il matrimonio vacilla, minato dalla perdita dell’unico figlio, Dino, scomparso per malattia l’anno precedente. Esiste un altro possibile erede, concepito nella relazione extra-coniugale con Lina Lardi (Shailene Woodley), ma Enzo non può ancora riconoscerlo in via ufficiale. Vita privata e professionale sono legate a doppio filo e ancora di più lo saranno dopo un tragico incidente che porterà ad un lungo processo penale e mediatico.
Girato a Modena e dintorni nell'estate del 2022, “Ferrari” ha una sceneggiatura scritta a quattro mani dallo stesso Mann insieme a Troy Kennedy Martin ed ispirata al libro “Enzo Ferrari: The Man, The Cars, The Races” di Brock Yates.
Nei panni dell'Ingegnere, il versatile e talentuoso Adam Driver (scelto dopo il rifiuto di Christian Bale) è credibile e la sua interpretazione composta ma non così incisiva: del resto il suo personaggio ammette d’aver posto un muro, per difesa, tra la propria interiorità e il mondo; perciò vediamo il divo mantenere sempre un aplomb inscalfibile tra le pareti di casa come di fronte ai giornalisti. Enzo sa cavarsela senza sbavature, allenato da una vita piena di perdite e sofferenze, ma anche da due donne, la moglie e l’amante, molto diverse tra loro ma entrambe di temperamento. Il suo restare impassibile deriva infine dal non perdere mai la concentrazione sul traguardo, costituendo il primo esempio per i piloti della scuderia.
Tra luci e ombre, successi e difficoltà, “Ferrari” mostra la crudezza delle corse degli anni ’50, in cui piloti appassionati e determinati rischiavano la vita ogni volta che si mettevano al volante. Emblematico che i più esperti tra loro nel film siano quelli che hanno già imparato cosa scrivere in una lettera d’addio nel caso non facciano ritorno.
Sicuramente la narrazione non manca di coinvolgere e l'insieme garantisce intrattenimento, essendo il film un bel vedere tra attori piacenti (ci sono anche Patrick Dempsey e Gabriel Leone), figure eleganti e ottima ricostruzione storica.
Peccato che tutto appaia eccessivamente patinato e la già esigua spontaneità venga continuamente compromessa, nella versione in lingua originale, dalla compresenza di una Babilonia di accenti diversi. Ci sono inglesi che interpretano italiani storpiando pesantemente nomi propri, italiani che masticano un po’ di inglese, la solita Cruz con accento spagnolo e così via.
A pagare il prezzo di questa leziosa artificiosità è il versante delle emozioni.
Senza dubbio lo spettatore tifoso del cavallino, oppure orgoglioso in generale dell’eccellenza italiana, godrà di questa esperienza cinematografica perché col cuore già sollecitato di suo, gli altri invece resteranno ostaggio dell'appiattimento da “filtro-Hollywood”.
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