Cinque legislature e 16 anni di lavoro valgono tre assegni

Antonio Di Pietro è andato in pensione dopo 13 anni scarsi da magistrato, a 42 anni: ma il suo carnet previdenziale lo farà titolare di almeno tre pensioni.
Dopo la laurea, nel 1979, Di Pietro diventò segretario comunale nel Comasco; nel 1980 vinse il concorso da vice-commissario a Milano; nel tardo 1981 vinse pure quello da magistrato, con destinazione Bergamo dopo un tirocinio a Milano. Cominciò l'attività il 23 novembre 1981, mentre le sue dimissioni da magistrato le annunciò platealmente il 6 dicembre 1994, formalizzate nella primavera successiva. A molti era sfuggito che il 14 ottobre, dopo averla celermente chiesta, Di Pietro aveva ottenuto la nomina a magistrato d’Appello: questo, a margine di dimissioni già programmate, gli permise di elevare la soglia di pensione minima.
Dopo vario peregrinare, nel 1997 Di Pietro fu eletto per il Pds nel collegio del Mugello: e scatta la previdenza parlamentare. Poi, l’anno dopo, il neosenatore fondò l’Italia dei valori: l’assidua presenza di Elio Veltri, che per via di un’artrosi alle mani percepiva una pensione d’invalidità, sottotitolò scherzosamente la nuova forza politica come Partito dei pensionati. Nel 1999 Di Pietro sciolse il suo partito nei Democratici di Romano Prodi e si fece candidare alle elezioni europee: eletto. Scatta la previdenza europarlamentare. Nell’aprile 2000 litigò con Arturo Parisi e si separò dai Democratici, mentre in settembre rifondò l’Italia dei valori. L’anno dopo, correndo da solo, non superò lo sbarramento e perse persino nel collegio del Molise.


Nel 2004 Di Pietro si associò ad Achille Occhetto e viene rieletto ancora parlamentare europeo, così che l’europensione non languisse. Rimase nella delegazione per le relazioni col Sudafrica e si occupò, lui, di libertà civili. Nel 2006 viene eletto alla Camera e tra un meno di mese sarà lo stesso. Fanno tre pensioni e cinque legislature.

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