
Quando si dice entrare nell'opera. È un viaggio tra la magia della pittura e la quarta dimensione quello a cui ci conduce Fabio Giampietro con la mostra «Urban singularity, l'architettura oltre l'umano» in corso alla galleria Gaburro di via Cerva. Un immaginario, il suo, che ci spinge verso le distopie del regista Christopher Nolan, ma allo stesso tempo invita lo spettatore a riflettere sull'evoluzione-involuzione del paesaggio urbano e sul rapporto tra Natura e artificio. La mostra arriva nove anni dopo il successo di «Hyperplanes of simultaneity», evento interattivo ideato da Giampietro nella Sala degli Arazzi di Palazzo Reale, immaginifiche città ideali dipinte su una speciale tela di grande formato associato all'utilizzo dell'Oculus Rift, strumento tecnologico di ultima generazione che trasporta lo spettatore all'interno di una realtà virtuale, espandendo l'opera d'arte nelle tre dimensioni. Negli spazi di Gaburro, Giampietro mette in mostra in una sorta di antologica le sue architetture visive, tra monocromia e (poco) colore, riproponendo per alcune opere l'esperienza suggestiva della realtà virtuale ottenuta osservando il quadro attraverso uno speciale visore in 4D. La mostra spiegano i curatori - si interroga su che cosa accade quando l'intelligenza artificiale non si limita a riprodurre la realtà, ma inizia a ridefinirla autonomamente, un tema che si innesta perfettamente nel percorso dell'artista, da sempre interessato al superamento della dimensione statica del quadro per creare esperienze che sfidano la percezione. Il percorso espositivo conduce così lo spettatore in un'esperienza sensoriale unica, tra paesaggi digitali e opere fisiche, che sfidano il concetto stesso di spazio. Ogni opera è una finestra su un futuro inedito dove la pittura si fa portale verso mondi generati da nuove logiche, al di là del controllo umano.
«L'Intelligenza artificiale non sostituisce l'artista, ma ne espande lo sguardo - spiega Giampietro - ho educato l'algoritmo con le mie opere,
trasformandolo in un archivio vivente di ricerca, una lente attraverso cui rivedo il mio stesso lavoro. Non mi dice cosa creare, ma mi sfida a vedere oltre. E Urban Singularity è una mappa di città che non esistono... ancora».
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