Successione, come scegliere tra testamento e donazione. Come si risparmia di più

Vi sono delle differenze di cui tenere conto a seconda che si voglia privilegiare un risparmio immediato o una maggiore integrità del patrimonio

Successione, come scegliere tra testamento e donazione. Come si risparmia di più
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Donazione o testamento? Quando si parla di trasferire il proprio patrimonio sono queste le due scelte principali, una da fare in vita, l'altra con effetti dopo la morte: si parla in entrambi i casi di agevolare il passaggio di beni a titolo gratuito, subendo una tassazione analoga. Osservando in modo superficiale le due modalità sembra che non vi siano sostanziali differenze, eppure ciascuna di esse ha delle caratteristiche che possono tornare utili e sono quindi da prediligere a seconda del caso: di certo c'è solo che non esiste una soluzione in assoluto migliore dell'altra.

Sia che si scelga la donazione in vita che il testamento, il costo del trasferimento di un bene è l'imposta di successione, ovvero il 4%, calcolabile sull’importo eccedente 1 milione di euro, se si tratta di un coniuge o di un parente in linea retta, il 6%, calcolabile su un valore eccedente i 100mila euro, se si tratta di un fratello o di una sorella, il 6% sul valore totale senza franchigia per tutti i parenti entro il 4°grado, per gli affini in linea retta e per quelli in linea collaterale fino al 3°grado e l'8% senza franchigia per altri soggetti. Si aggiungano a ciò l'imposta ipotecaria e catastale, calcolate rispettivamente sul 2% e sull' 1%, con un importo minimo di 200 euro in caso di prima casa, del valore degli immobili. Viene inoltre applicata una franchigia da 1.500.000 euro nel caso in cui il beneficiario risulti affetto da disabilità grave certificata dalla legge 104, con aliquota che varia a seconda del grado di parentela del congiunto.

Queste voci di spesa risultano identiche in entrambe le soluzioni, ciò che può cambiare è il costo dell'atto. Se la donazione supera il "modico valore", ovvero qualora abbia come oggetto un bene modesto così definito sia sulla base del valore economico dello stesso che della consistenza del patrimonio del donante, si necessita dell'atto notarile. Cosa che non è invece obbligatoria nel testamento, anche se dinanzi a situazioni complesse di suddivisione in tanti scelgono comunque di affidarsi a un professionista, per cui la voce di spesa rimane.

Quindi cosa dovrebbe spingere a scegliere l'una o l'altra soluzione? Come detto, dipende dalle proprie esigenze. La donazione modale permette al donante di trasferire un bene a un'altra persona con l'imposizione di un obbligo specifico connesso all'uso o alla destinazione del bene, mentre le condizioni del testamento si realizzano solo dopo la morte del donante. In genere, ad esempio, quando quest'ultimo vuole garantirsi un'assistenza sceglie una donazione modale, mentre se l'obiettivo è quello di assicurare il futuro ai propri animali domestici è preferibile inserire la clausola nel testamento.

Un punto di forza della donazione è la riserva di usufrutto che si verifica quando si separa il diritto di uso e il valore dell’usufrutto del bene: con una casa, per esempio, il donatario ne entra in possesso ma l’usufrutto del bene rimane al donante. Ciò può tagliare la tassazione sull’atto di donazione, rendendolo più conveniente rispetto a una successione testamentaria.

In ambo i casi è bene ricordare che bisogna rispettare la quota di legittima, ovvero quella che per legge spetta agli eredi legittimari come coniuge, figli, e genitori se ancora in vita.

Per stabilire tale quota si prendono in considerazione anche le donazioni fatte in vita dal defunto, considerate alla stregua di un'anticipazione dell’eredità, e anche quele rientrano nel patrimonio da dividere: gli eredi legittimari, se lesi nelle quote loro legalmente spettanti, possono quindi impugnare sia la donazione che il testamento e adire le vie legali. Ecco perché a volte può risultare rischiosa la vendita di un immobile ricevuto in donazione: gli eredi hanno 10 anni di tempo per contestarla.

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