Il film dedicato alla bambola più famosa al mondo è indubbiamente un successo: Barbie macina record ed è riuscito a ridare smalto ad un’icona pop un po’ appannata, dopo aver attraversato sei decenni e intere generazioni. Sbancati i botteghini (155 milioni di dollari al box office USA, a fronte di un costo di realizzazione di 128 milioni), in Italia ha incassato 7.7 milioni di euro in quattro giorni, in piena estate.
Già prima della sua uscita, la pellicola interpretata da Margot Robbie e Ryan Gosling ha dato il la ad una campagna pubblicitaria e di marketing da 150 milioni di dollari, messa in campo da Warner Bros e Mattel (l’azienda produttrice), oltre ad accordi con dozzine di aziende che hanno lanciato prodotti a tema, dall’abbigliamento a borse da viaggio, a set per il trucco, da gadgets di ogni tipo fino all’accordo con Microsoft sul fronte Xbox per una console ispirata al mondo Barbie, e crociere a tema. Con prime positive ricadute sul prodotto di partenza, la bambola, sul suo brand e sull’azienda, secondo produttore di giocattoli al mondo per fatturato, dopo un altro colosso, Lego.
Niente male per questa “ragazza” che si avvicina all’età della pensione (65 anni l’anno prossimo), dopo una lunga e articolata carriera come modella, ballerina, infermiera, medico, astronauta, dentista, fioraia, paleontologa, insegnante di yoga e candidata alla presidenza degli Stati Uniti e molto altro.
Dalle sale ai mercati finanziari
Mattel è cresciuta a giugno più di Nvidia, Meta e Apple, i titoli più performanti del Nasdaq: +12,2%. E la crescita continua anche a luglio, con altri 10 punti percentuali. Tra i primi effetti del film c’è sicuramente il rilancio del brand Barbie, in calo, secondo i dati di vendita, nella prima metà del 2023; il successo della pellicola sembra stia facendo registrare un picco nelle vendite della bambola. Non solo: come rivela una ricerca eToro (riportata da Wired.it), nei tre mesi che hanno preceduto l’uscita del film, il valore delle azioni dell’azienda, in difficoltà come detto nella prima parte dell’anno, sarebbe cresciuto del 22%.
E forse, ipotizziamo, la scelta di realizzare un live-action movie non è casuale, dal momento che il sorpasso da parte del marchio danese produttore dei celebri mattoncini nei confronti di Mattel, anche se non solo per questo, avvenne contestualmente al successo del film The Lego Movie, uscito nel 2014, quando l’azienda americana vide il proprio fatturato scendere del 7% rispetto al 2013.
Del resto le pellicole focalizzate su un marchio o su un prodotto hanno spesso portato slanci significativi dei titoli in borsa delle aziende proprietarie. Un entusiasmo che, secondo alcuni analisti, tenderebbe a spegnersi subito dopo. Sul piano delle vendite l’incremento attuale del brand Barbie potrebbe protrarsi nel tempo, rendendo il giocattolo di punta di casa Mattel protagonista dei mercati nel terzo trimestre dell'anno, con una possibile fase discendente nel quarto trimestre, o nel primo del 2024.
La decisione di fare un film su Barbie non è un semplice allargamento del brand, ma fa parte di una strategia commerciale a lungo termine, che verrà riproposta con il resto del portafoglio Mattel, composto da 400 marchi di giocattoli (fra cui Fisher-Price e Hot Wheels). Anche se non si può parlare di strategia commerciale del tutto originale. Nel 2009 la Hasbro, altro importante produttore di giocattoli, distribuì un film su G.I. Joe, G.I. Joe: The Rise Of The Cobra, interpretato da Channing Tatum, che incassò 300 milioni di dollari in tutto il mondo. Ancora meglio fece il sequel, con Dwayne “The Rock” Johnson e Bruce Willis, con 375 milioni di dollari.
Nuvole rosa, nuvole grigie
Il cielo sopra Barbie, però, non è sempre stato così “rosa”. Anzi, dal 2013 in poi, le entrate del produttore della bambola sono diminuite drasticamente (portando l’allora amministratore delegato Bryan Stockton a dimettersi, dopo soli tre anni di guida, nel 2015, annus horribilis per l’azienda), passando da un totale mondiale di 6,5 miliardi di dollari di vendite nette a 4,5 miliardi nel 2018. Nonostante gli anni della pandemia abbiano portato segnali di ripresa, l'azienda resta ancora lontana dagli antichi fasti. Il 2021 ha segnato la ripresa, con le entrate del marchio Barbie che hanno raggiunto 1,7 miliardi di dollari in tutto il mondo, valore delle vendite nette più alto dal 2013. Nello stesso anno è stata nominata giocattolo numero 1 al mondo, e ciò ben prima che scoppiasse la “Barbiemania”.
Non solo successi
Come accade per gli esseri umani, anche per Barbie c’è stata qualche “caduta”. Non tutte le versioni della bambola e dei suoi amici, infatti, sono state un successo. Ripercorriamo alcuni “flop”, partendo dalla versione incinta di Midge, amica “storica” di Barbie dal 1960, apparsa nel 2002 con pancione staccabile e bambino giocattolo all'interno, per arrivare ad Allan, marito di Midge e amico di Ken (fidanzato storico di Barbie), di cui col tempo si sono perse le tracce, e al playset "Barbie & Tanner" (con tanto di cane che faceva la "pupù”), richiamato in 680.000 esemplari nel 2007 per problemi di sicurezza di alcuni componenti.
Poco gettonate anche la versione “Growing up” di Skipper (sorella minore di Barbie), del 1975, cui si sviluppava il seno girando un braccio, e la Barbie a tema "Oreo" (si, proprio il celebre biscotto) lanciata negli anni '90 e poi ritirata, anche per l’abbinamento quanto meno poco felice fra colore del biscotto e della bambola. Fino ad arrivare a "Video Girl Barbie", del 2010, per bambini dai 6 anni in su, con videocamera incorporata, sconsigliata addirittura dall’FBI perché possibile strumento per pedofili, ed "Hello Barbie", del 2015, che parlava, ascoltava e rispondeva attraverso un microfono, elettronica sofisticata e connessione Wi-Fi, ma le cui funzioni hanno sollevato problemi di privacy.
Parola d’ordine: reinventarsi
Inciampi a parte, non c'è niente che abbia contraddistinto di più Barbie in questi suoi “primi” 64 anni di “vita” che reinventarsi di continuo, anche se non sempre in modo "indolore". Così, dalla Barbie bianca, snella, bionda, con la vita strettissima, il seno ampio, sempre in bilico sui tacchi, arriviamo, nel 2016 (anche a fronte del già menzionato calo delle vendite) ad una rappresentazione più realistica di una bambola femminile, con le nuove Barbie più inclusive e diversificate nel loro aspetto. Barbie è “rinata” in quattro tipi di corpo e sette tonalità di pelle, 24 acconciature e 22 colori degli occhi. Se questo non rappresenta una novità assoluta per il mondo Barbie (di cui da sempre esistono versioni di ogni etnia) la vera evoluzione può essere identificata con la linea "Fashionistas", rappresentazione di una bellezza differente, che vuole sensibilizzare i bambini anche sul tema delle disabilità fisiche, attraverso bambole su sedie a rotelle, calve, o con vitiligine.
Con gli anni 2000 Barbie entra nell’era digitale, grazie alla creazione di Barbie Entertainment. Il primo film, il lungometraggio animato Barbie e lo schiaccianoci, esce nel 2001. Seguirà il lancio del sito web. Ma non finisce qui: la bambola è ora sulla blockchain ed è stato il primo brand di giocattoli a diventare un Nft.
Origini “hot”
Se Barbie è fra i giocattoli più longevi della storia, il marchio che la produce lo è ancora di più. Mattel viene infatti fondata nel 1945 da Ruth Handler, suo marito Elliot e Matt Matson (il nome del marchio è frutto dell’unione tra i nomi di battesimo dei due uomini). L’idea di Barbie venne ad Handler osservando la figlia Barbara, da cui prende il nome, mentre giocava con le bambole di carta. L’illuminazione giunse però durante un viaggio di famiglia a Lucerna, in Svizzera, quando lei e Barbara notarono una bambola in un negozio di giocattoli. Prodotta in Germania, si chiamava Bild Lilli, e si ispirava ai fumetti di una giovane molto disinibita, soprattutto nei confronti degli uomini, pubblicati su tabloid Bild-Zeitung. Era considerata un “giocattolo per adulti”.
Handler ne acquistò tre e iniziò a creare un guardaroba per la personalizzazione della bambola. Il debutto di Barbie (all’anagrafe Barbara Millicent Roberts), avviene nel 1959 all’American Toy Fair di New York, ma è solo dopo il primo spot televisivo che arriva il successo. Nel primo anno furono vendute circa 300.000 bambole al prezzo di 3 dollari l’una (pari a circa 31 dollari di oggi). In breve tempo la società fu sommersa da lettere di fans che chiedevano di affiancarle un fidanzato. Così nel 1961 arriva Ken, dal nome del figlio degli Handler, Kenneth. Mattel acquistò poi i diritti di produzione della Lilli nel 1964, e la produzione della bambola tedesca cessò. Il resto, come si dice, è storia. Oggi una Barbie originale in condizioni ottimali può raggiungere i 27.000 dollari, mentre la gamma di bambole contemporanee va dai 10,99 dollari della "Fashionista" all’esemplare unico creato dal designer di gioielli australiano Stefano Canturi, venduta nel 2012 per 302.500 dollari.
Icona fashion e musa per gli artisti
Barbie non è semplicemente un giocattolo, ma un’icona della società contemporanea, che si evolve e si adatta ad ogni nuova tendenza. Una fashion doll che ha fatto il giro del mondo, oggetto di articoli ed editoriali su testate come Vogue, Elle e Cosmopolitan. Ha ispirato e ispira tutt’ora designers, stilisti e artisti di fama internazionale.
Anche Andy Warhol decide di omaggiarla con un ritratto, nel 1986, oggi custodito nella sede centrale di Mattel in California: l’immagine riprende i tratti di "Barbie Peaches’n Cream "(Barbie Fior di Pesco in italiano), una serie particolarmente fortunata, prodotta nel 1984.
A distanza di circa 30 anni Mattel ha poi lanciato "The Barbie Collection", una collezione di bambole ispirate alla figura di Warhol e realizzate in collaborazione con la Andy Warhol Foundation. Un cerchio che si è chiuso.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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