L’amministrazione finanziaria può pignorare dei beni a chi ha debiti con il fisco ma non ha pieni poteri. Il pignoramento rientra nelle procedure di esecuzione forzata e ha lo scopo di fare recuperare al fisco quanto il contribuente non ha versato e, per loro natura, le leggi variano a seconda del bene da espropriare che può essere mobile oppure immobile. Il Fisco può rifarsi anche su beni mobili e immobili che il debitore detiene all’estero, anche se la procedura è più lunga e complicata.
A prescindere dalla natura dei beni, ci sono dei limiti che il Fisco non può valicare e che non vengono messe in forse neppure in caso di riforme fiscali.
Vediamo quali sono i beni mobili e immobili che il Fisco non può pignorare.
Cosa non può essere pignorato
Cominciamo dai beni immobili, perché spesso si parla dell’impignorabilità della prima casa e questa, pure essendo una affermazione sostanzialmente vera, sottostà ad alcune precisazioni.
Il Fisco non può pignorare la casa di abitazione se questa è l’unica in possesso del debitore e ne fa la propria residenza. Ciò però non vale per gli immobili accatastati nelle categorie di lusso A/1, A/8 oppure A/9.
In ogni caso, il Fisco non può pignorare la prima casa se il debito con l’erario è inferiore ai 120mila euro.
Ci sono, tuttavia, delle eccezioni che riguardano chi possiede più di un immobile. Così fosse, l’erario potrebbe rifarsi sulla prima casa del debitore contando sul fatto che quest’ultimo può comunque trovare riparo in un altro degli immobili che possiede.
C’è anche la possibilità che l’agenzia per le riscossioni abbia iscritto un’ipoteca sull’immobile e che il contribuente, nell’arco dei 30 giorni seguenti, non abbia provveduto a sanare il debito o a chiederne la rateizzazione.
Il Fisco non può mettere le mani anche su alcune categorie di beni mobili, così come sancito dall’articolo 514 del Codice di procedura civile. Tra questi figurano:
- vestiti
- letti, tavoli e sedie necessari al nucleo famigliare, armadi guardaroba, frigoriferi, fornelli, stufe e utensili per la casa e la cucina
- oggetti usati dal debitore per la propria attività professionale
- anelli nuziali
- beni legati all’esercizio del culto
- generi alimentari necessari per sopravvivere almeno un mese
- beni dal valore affettivo
- polizze assicurative
- animali domestici
Il Fisco ha il diritto di pignorare stipendi e pensioni, però nel rispetto di alcune logiche.
Il pignoramento dello stipendio e della pensione
Gli assegni pensionistici possono essere pignorati dal Fisco pure osservando il parametro del minimo vitale, fissato in ragione di 1,5 volte l’importo dell’assegno sociale il quale, per il 2023, ammonta a 503,27 euro.
In termini spicci, l’importo che il Fisco non può pignorare dalle pensioni è di 754,90 euro e, della parte eccedente, può prelevare i quattro quinti (ovvero l’80%).
Per quanto riguarda i lavoratori, il minimo vitale è calcolato in ragione di quattro quinti dello stipendio. Di norma, il Fisco può quindi pignorare il 20% della retribuzione del lavoratore.
L’Agenzia delle entrate ha introdotto delle variazioni che possono essere riassunte così:
- il fisco può pignorare un decimo dello stipendio o della pensione se inferiori a 2.500 euro
- il fisco può pignorare un settimo dello stipendio o della pensione se compresi tra 2.501 e 5.000 euro
- il fisco può pignorare un quinto dello stipendio o della pensione se superiori ai 5.000 euro
Allo stesso modo, seppure nel rispetto di alcuni limiti, il fisco può pignorare parte degli importi previsti dagli ammortizzatori sociali.
Il pignoramento degli ammortizzatori sociali
Gli ammortizzatori sociali sono da considerare sostituzioni dello stipendio e quindi sottostanno alle medesime logiche citate sopra. Al contrario, le indennità che rappresentano trattamenti previdenziali come le indennità di mobilità non sono pignorabili.
Ci sono altri redditi che non
sono alla portata del Fisco e che quindi non sono pignorabili, tra questi:- assegni di mantenimento decisi in fase di separazione
- contributi dello Stato per la maternità o le malattie
- redditi destinati alle persone indigenti.
Il Fisco e l'amministrazione in genere sono puntuali e precisi nell'applicare le norme, nel dubbio però vale la pena consultare un avvocato.
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