Ma la collezione Alana vale più di un Warhol

Importanti opere di autori italiani, fra primitivi e rinascimentali, valutate meno di un pezzo pop

Ma la collezione Alana vale più di un Warhol

Dispiace la dispersione, a New York, di una delle mitiche collezioni di arte antica di recente costituzione. In un tempo per quanto posso ricordare non superiore ai venti anni, un mitologico collezionista cileno, Alvaro Saieh, con sua moglie Ana Guzman, iniziò a dare segnali di sé acquistando importanti dipinti italiani, e non solo di quelli di cui, a partire dalla seconda metà del secolo scorso, si è definito dopo secoli di disinteresse il più ampio mercato, e cioè i caravaggeschi e i pittori del Seicento, ma anche di importanti «primitivi», sempre più rari, tra XIV e XVI secolo, che erano stati protagonisti delle grandi collezioni costituite all'inizio del secolo scorso in Italia, Europa e America, secondo il gusto stabilito dal primo grande studioso moderno di arte antica, Bernard Berenson.

Alana era l'acronimo derivato dalle iniziali dei nomi di battesimo dell'uomo e della donna, colti, curiosi, innamorati dell'Italia e ricercatissimi da mercanti e antiquari italiani, attivi fra l'Inghilterra e l'America, in un mercato libero che si era nutrito, agli inizi del secolo scorso, del flusso di opere italiane favorito da Berenson, Lionello Venturi e Roberto Longhi. Si trattava di una testimonianza del momento più alto della civiltà artistica universale: i pittori del Rinascimento italiano. Sembrava impossibile veder rinascere una collezione di opere così rare, dopo che i grandi nuclei di collezionisti come Mellon, Frick, Kress, Lehman, nutriti dal grande mercante Joseph Duveen, erano confluiti nei grandi musei americani, la National Gallery di Washington, il Metropolitan Museum di New York, il museo Isabella Stewart-Gardner di Boston. Invece, con i suggerimenti di uno degli ultimi conoscitori di artisti primitivi, Miklos Boskovits, i due appassionati collezionisti passarono dalla passione per il più conformista fra i classici, il Sassoferrato, pittore di Madonne senza tempo, all'amore per i più grandi maestri italiani come Lorenzo Monaco, Fra Angelico, Paolo Uccello, Filippo Lippi, Giovanni Bellini, Vittore Carpaccio, Jacopo Tintoretto, Paolo Veronese, Jacopo Pontormo, Agnolo Bronzino e Orazio Gentileschi.

La loro casa fu nelle stanze di una palazzina a Newark nel Delaware, schierati sulle pareti, uno sull'altro, come in una quadreria. Ma molti arrivarono in Europa nella grande mostra al museo Jacquemart-André a Parigi nel 2019. La scelta fu fatta da Carlo Falciani che con Carl Brandon Strehlke, Pierre Curie e Valentina Baffi curò l'allestimento nel museo che un'altra coppia, Edward André e Nélie Jacquemart, aveva costituito prevalentemente con i maestri italiani del Rinascimento. La collezione Alana appariva allo stesso tempo sorprendente, per le maggiori difficoltà che il collezionismo di altra epoca comporta nel nostro tempo. Avveduti ed esperti mercanti italiani, come Fabrizio Moretti e Marco Boena, furono buoni cacciatori per la coppia Alana.

Secondo Carole Blumenfeld, i due collezionisti sarebbero anche, tramite il mercante d'arte italiano Fabrizio Moretti, gli acquirenti di La Dérision du Christ, dittico di Cimabue assegnato a 24 milioni di euro il 27 ottobre 2019 dalla casa d'aste Senlis. Il dipinto è classificato come tesoro nazionale dal ministero della Cultura francese, che ne proibisce l'uscita dal territorio francese per trenta mesi e lascia al Museo del Louvre il tempo di raccogliere i fondi necessari per la sua acquisizione. L'impegno e la passione dei due collezionisti fu, peraltro, disturbato da una ridicola inchiesta su dipinti ritenuti falsi, e in realtà autentici, promossa da una facinorosa magistrata francese che indagò il mercante italiano e il grande pittore Lino Frongia, sequestrando dipinti a partire da una Venere di Cranach del Principe del Liechtenstein, che i due avrebbero contraffatto. Lo scandalo internazionale, senza fondamento, toccò anche la collezione Alana. Al termine della mostra al museo Jacquemart-André, infatti, le autorità francesi hanno sequestrato il San Cosimo del Bronzino su ordine del giudice Aude Buresi. La tavola, secondo l'accusa, potrebbe essere un falso messo in circolazione da Giuliano Ruffini, contro il quale è stato emesso un mandato d'arresto europeo nel maggio 2019. Un altro mandato d'arresto è stato indirizzato contro Lino Frongia, subito scagionato dalle autorità italiane.

Entrato nella collezione Alana nel 2011, il dipinto è stato esposto per la prima volta nel 2010 durante la retrospettiva del Bronzino a Palazzo Strozzi a Firenze, organizzata da Carlo Falciani e Philippe Costamagna. Interrogato dagli inquirenti, Philippe Costamagna, specialista della scuola fiorentina e curatore del museo Fesch di Ajaccio, affermò che il dipinto, con i suoi numerosi pentimenti, era un capolavoro autografo del Bronzino. I rappresentanti della collezione Alana hanno chiarito che l'acquisto nel 2011 fu presso la galleria di un grande conoscitore come Derek Johns, a Londra. È impossibile per un falsario inventare la posizione della mano che è una pura creazione del Bronzino.

Dopo questo incidente qualcosa deve essere avvenuto, se i due collezionisti, che avevano sofferto la separazione delle loro opere, e il grottesco sequestro, meditando di non prestarle mai più, si sono trovati ora a doverle vendere. Tanto più se si ripensa alle dichiarazioni disinteressate di Alvaro, ben consapevole dei piaceri e dei rischi di un collezionismo così sofisticato: «È chiaro che chiunque collezioni l'arte gotica e rinascimentale vada controcorrente. Sono anche consapevole che nell'ambito dell'arte contemporanea c'è più profitto, ma non sono qui per il denaro... Il mercato attuale accorda un certo valore solo alle opere più importanti. Non è più come un tempo, in cui anche le produzioni minori trovavano un loro spazio. Per quanto riguarda i primitivi, quindi, tutto ruota intorno a delle opere maggiori che presentano dei prezzi molto elevati. Personalmente, io vado qualche volta contro il mercato, se trovo un'opera eccezionale la compro, che si tratti o meno di un artista di primo piano».

Parole profetiche, se si guarda agli esiti dell'asta presso Christie's, New York. Sono stati ritirati i capolavori di Orazio Borgianni di Jacopino del Conte. È stata umiliata, certamente perché non sua, la Santa Cecilia attribuita a Artemisia Gentileschi, che si è fermata a 220mila dollari essendo stimata a 500. In generale le valutazioni sono state confermate, ma senza sorprese, come se l'arte antica, rispetto a quella contemporanea, avesse valutazioni immobili, aldilà dell'importanza degli autori e della qualità dei dipinti. Così ha confermato la valutazione lo spazioso Miracolo di San Bernardino di Sano di Pietro (100mila dollari), non è cresciuto il Cristo benedicente di Alvise Vivarini, più vicino alla stima minima (378mila dollari), e si è difeso il Beato Angelico (4 milione e 740mila). Ha raddoppiato la stima la piccola Maestà, non in buone condizioni, di Lippo di Benivieni (200mila). Deludenti il Morazzone (ma non lo era) e lo Scarsellino (una Sant'Elena molto statica, per il sempre virtuoso ferrarese): solo 60mila l'uno e l'altro. Sono misteriosamente usciti dall'Italia, se è vero che lo Scarsellino era sul mercato italiano, a Verona, come Camillo Ricci, nel 1984. Anche il bel Sodoma, già apparso da Pandolfini a Firenze nel 2007, stupisce vederlo in America, venduto a 226mila dollari. Si difende Andrea di Bartolo e perfino un brutto dipinto di ottima provenienza (Rothschild), riferito alla cerchia di Leonardo da Vinci. Tiene El Greco a 3 milioni e 600mila, ed è rispettato Alessandro Turchi, acquistato da Dorotheum nel 2016, di origini misteriose (327mila).

Ma tra i dipinti più belli della collezione vi è sicuramente la Madonna con il bambino di Orazio Gentileschi che è arrivata a 4 milioni e mezzo di dollari. Ed era ancora nel 1977 in Italia, per poi entrare nella grande collezione di Barbara Jonshon. La Crocefissione di Ambrogio Lorenzetti, che io ricordo in un'importante collezione milanese, opera mirabilissima, si è fermata sotto il milione di dollari. Molto buono è il risultato del San Pietro Martire di Antonio Vivarini (630mila), ma anche in questo caso ne è incerta la provenienza, uno strano fondo di investimento internazionale di arte di Londra. Il bellissimo Guido Reni, che io vidi presso Feighen, un incantato rame con il Martirio di Sant'Apollonia, si è attestato intorno agli 800mila.

Così è evaporata una parte importante della bella collezione Alana. Così è finito un sogno.

Mentre un solo quadro di Andy Warhol è stato venduto per 190 milioni di dollari, sempre da Cristhie's, forse dieci volte di più di questo blocco di 50 capolavori della collezione Alana venduta a meno di venti milioni. Che dire?

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