Se pensare il divino, l'eterno e l'immutabile può congelare, il sacro libera la possibilità di respirarlo. Attiva la capacità di ascoltare il mondo nelle sue note più alte come in quelle buie, distillando quanto di permanente vi soggiorna. È su questo doppio registro, che nella sua vasta eterogeneità costituisce un unico grande poema, che si muove fin dagli anni '70 la ricerca di Augusto Sciacca. Artista messinese-bergamasco (classe 1945) maturato nel clima concettuale senza restarne soggiogato, si sta preparando fra laltro a sbarcare per una mostra a Genova. Per dirla con il Debray di «Vita e morte dellimmagine», larte si è conquistata contro lalienazione, si è ingrandita nellautonomia, è morta di autoreferenza». Sciacca, invece, nella sua avventura nelle arti non ha mai abdicato al dialogo e allalleanza con lo sguardo dellaltro, sapendo che questo a sua volta ordina , è creatore di altre visioni del mondo. Così nei suoi progetti estetici, tra le precoci sperimentazioni con il laser, i graffiti su juta di sacco stampigliato e le mappe su politene, lartista ha sempre tenuto saldo il timone della dialettica, che è consonanza e non alienazione, invito e non aut aut. In questo suo procedere verificando tecniche e materiali, ma soprattutto meccanismi espressivi e percettivi, Sciacca è approdato al giro di boa degli anni '90 a una lunga stagione, ancora oggi in corso, dove il fare pittura si affianca alla creazione di una biblioteca immaginifica di libri, ovviamente d'artista. La tela - ora di grande formato in esperienze totalizzanti, adesso scrigno, capsula di densità - è lo spazio in cui prendono corpo le sue indagini ordinate in cicli tematici dedicate al tempo, al mito, all'utopia e a quella luce che è emanazione, genesi di ogni cominciamento nel suo essere nei quattro elementi. Sciacca è uomo nella storia e guardando alla permanenza non può fare a meno di interrogarsi sul contingente, anche dove questo è arresto del respiro del mondo, oscurità e tradimento. Per questo non evita il confronto con la violenza, anche nei suoi brani più attuali, senza retorica ma con empatia come ha svelato la sua grande mostra «Innocenza e Pietas» al palazzo della Permanente a Milano nel 2006.
Voce consapevole che si fa narrante per ricordare l'importanza della memoria, che è anche non colore, seppia: rinuncia, sottrazione. Voce che si fa parola chiara per poi alzarsi in un inno, in quel libro d'oro «Del sublime» che è anelito, responsabilità e fede.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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