Si dice in giro che come collocazione ideologica destra e sinistra non abbiano più senso. Colpa, si dice sempre in giro, della «fine della Storia», del collasso delle ideologie, della globalizzazione e un po’ anche dell’egemonia del «dialogo» e del «confronto», ovvero dell’inciucismo generalizzato. Ebbene, sarà per reazione al de profundis per le categorie politiche, sociali, culturali ed etiche che seppur grossolanamente indicavano gli schieramenti in campo, ma mai come da quando se ne sentenziò la fine ci si incaponisce ad individuarne i rispettivi cromosomi. Dapprima si volò alto: la solidarietà, era di destra o di sinistra? E l'impegno civile? E le quote rosa? Poi si prese a planare: di destra o di sinistra preferire le vacanze in montagna piuttosto che al mare? Di destra o di sinistra il weekend? Di destra o di sinistra Celentano? O leggere Va dove ti porta il cuore? O applaudire Rocky Balboa? La pressante ricerca di un modello identitario (inquietudine che coglie chi è privo di personalità, questo sia detto fra parentesi) indusse a vagliare se la colf - collaboratrice domestica - fosse di destra o di sinistra e così la birra rispetto al vino, il bikini rispetto al costume intero o lo slip rispetto al boxer (parliamo di mutande, ovviamente. Slip, destra; boxer, sinistra). Inevitabile, dunque, che dalle mutande si finisse ancor più in basso come risulta da un titolo inalberato ieri dalla Stampa - quotidiano molto attivo nel tener acceso il dibattito - e che così recitava: «Destra & sinistra nel viale dei trans». L'occhiello riportava tra virgolette la sentenza di un battone: «Chi vota Fini ti usa, ai comunisti piace parlare».
Soddisfando la pressante, universale richiesta di «fare chiarezza», un addetto ai lavori, Thiagos de Carinos, in arte e in servizio «Supreme», confidava al reporter Klaus Davi che i clienti dei transessuali sono «al novanta per cento comunistas». Sentenza inappellabile che rubrica «di sinistra» la pratica di accompagnarsi e nel caso commettere atti impuri con transessuali, travestiti, viados o come si chiamano. Le note vicende che videro coinvolto il portavoce unico del governo Prodi - un uomo di sinistra, ci mancherebbe altro - avevano fatto sorgere il sospetto che così fosse. Ma ora, debitamente registrata con rigore sabaudo da La Stampa, dall'alto della sua autorità «Supreme» ne dà conferma. E fosse il solo. Ricardo Maragho, sul marciapiede «Amanda», confessa che s'era innamorato di lui/lei, ricambiato, per altro, un operaio - di sinistra, evidente - dei Cantieri Nautici Orlando di Livorno («siamo stati insieme per due anni»). «Betty» racconta invece di un sindacalista della Cgil di Aulla al quale i travestiti piacevano da matti, tanto da travestirsi e mettersi a «battere» in proprio, naturalmente non nelle ore di ufficio: il dovere innanzi tutto. Ed è grazie all'incalzare di Klaus Davi, uno che non molla la presa, che disponiamo degli identikit del cliente di sinistra e di quello di destra: «Chi vota per Berlusconi e Fini ti usa, ma poi non si ferma a parlare, non vuole il colloquio. I comunisti, invece, ti chiedono quanto guadagni, se senti i tuoi genitori e se stanno bene, perfino se vai in vacanza. Si crea un legame». Insomma, dopo aver consumato, quelli di sinistra mica ciao stammi bene: dialogano. Sennò che sono di sinistra a fare?
E così, grazie al prezioso servizio reso dalla Stampa, un ulteriore tassello va ad aggiungersi a quelli che compongono il vasto mosaico identitario. E se anche ora, con questa storia dei trans, tutto ci appare più chiaro, altro ci aspettiamo venga reperito che distingua l'un campo dall'altro. E non saranno le idee, i valori, il bagaglio di conoscenze, le esperienze o le riflessioni, roba assolutamente fuori moda.
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