Il commento Il momento delle scelte impopolari

(...)Non che finora di idee generiche, dichiarazioni di principio e enunciazioni ideologiche non se ne siano sentite. Memorabile, ad esempio, quella con cui il candidato della sinistra Pisapia ha rivelato di volere Milano «come la Londra degli anni ’60»: non è chiaro se si riferiva all’inquinamento, alla nebbia o alla minigonna. Molto concrete - forse un po’ troppo - sembrano invece le proposte alle quali sta lavorando il gruppo di lavoro della Moratti: sicurezza, inquinamento, verde, piste ciclabili, illuminazione, casa, cultura eccetera. Giustissimo. A patto però che si arrivi a indicazioni chiare e non equivoche, come invece si ha l’impressione che stia accadendo, ad esempio, per l’incerto futuro dell’Ecopass e per l’eventuale ticket d’ingresso. Questo è il momento, invece, di fare scelte coraggiose, che in qualche caso può anche voler dire impopolari. Bisogna cioè avere il coraggio di respingere le tentazioni demagogiche, anche se portano voti. Coraggio che, nella lotta al traffico e all’inquinamento, potrebbe indurre alla chiusura del centro storico alle auto (con la scontata rivolta dei commercianti) o all’istituzione del ticket d'ingresso in città (con la altrettanto scontata rivolta dei comuni dell’hinterland). Forse, d’altra parte, bisogna andare un po’ aldilà della meritevole concretezza e del doveroso pragmatismo a cui accennavo prima. Milano, infatti, ha anche - ma forse soprattutto - bisogno di un disegno strategico, che non può essere ridotto all’Expo, peraltro continuamente soggetto a tagli e limature. Globalizzazione, potenze economiche emergenti, grandi migrazioni, riassetto del Nord-Africa musulmano: insomma, il mondo sta cambiando molto e velocemente. Quale vogliamo che sia il futuro di Milano in questo nuovo scenario? Nel quale, ad esempio, le dimensioni amministrative della città appaiono ridicole e non corrispondenti alla realtà strutturale, economica e sociale della metropoli. E allora perché non impegnarsi a ottenere entro il prossimo mandato la nascita della città metropolitana, in Costituzione da un decennio e indispensabile per una gestione più razionale di problemi come inquinamento, collegamenti, verde e insediamenti industriali?
Non ci sono soldi, è vero e il ministro Tremonti sembra avere con Milano un braccino particolarmente corto, come si dice da queste parti. Ma forse, è anche arrivato il momento di fare un piano di grandi opere, soprattutto infrastrutture, che guardino a un futuro che vada oltre il 2015 - che poi è solo fra quattro anni. E quindi: tunnel di attraversamento delle parti più congestionate della città, una sesta linea della metropolitana - in un primo tempo progettata per l’Expo e poi abbandonata - e magari anche di una linea 7.

E ancora: portiamo il federalismo fino in fondo facendo finalmente dei nove consigli di zona qualcosa di utile e non semplici fonti di spesa e piccoli vivai per ambizioni politiche: quindi diamo loro più autonomia gestionale sul territorio, ad esempio nella piccola manutenzione, nell’arredo urbano, nella cura del verde, con la possibilità di reperire i fondi necessari, ad esempio trattenendo una quota delle multe per divieto di sosta. Insomma, vorremmo vedere un programma che non si limiti a tenere conto della città così com’è, magari per migliorarla, ma che ambisca anche a cambiarla.

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