Una commercialista di 100 chili fa volare il Setterosa a Pechino

da Imperia

Ancora non ci crede, eppure ha già conquistato le Olimpiadi. Elisa Casanova, genovese (e genoana) è il classico «coniglietto» estratto da quel serbatoio di atleti che è la pallanuoto italiana ed ha debuttato in nazionale alla incredibile età di 34 anni. Ma la cosa più incredibile è che Elisa è anche laureata in economia e commercio ed è praticante commercialista. Ma come è possibile conciliare queste due attività? «Infatti non le concilio – confessa –: ho praticamente smesso di lavorare da commercialista per “lavorare” da pallanuotista».
Ma oggi nell’Italietta della pallanuoto femminile si guadagna così tanto? «Certamente no, è meglio dire si sopravvive. Ed è meglio fare il commercialista. Tenendo conto che il mio stipendio lo spendo in benzina fra Genova e Firenze... E a casa sto da “mammà”!». Già, perché la sua seconda giovinezza la “piccola Eli” (nomignolo affettuosamente affibbiatole da Gianni De Magistris, suo coach nella Fiorentina, per rimarcare una corporatura pressoché “invisibile”: 1,86 per 100 chili) l’ha proprio scoperta a Firenze. Cresciuta nelle vasche del Ponente Ligure, poi passata al Lerici, quindi al Varese Olona e infine due anni fa alla Fiorentina con cui ha conquistato scudetto ed europeo per club, Elisa gioca in un ruolo molto particolare: centroboa. Favorita anche dalla sua stazza, è un incubo per le difese avversarie: si sistema in vasca spalle alla porta avversaria ed aspetta che le compagne le passino il pallone. Poi, per lei che è anche mancina, infilarlo nella porta con una sciarpa o beduina che dir si voglia, è un gioco da ragazzi.
«Non sto vivendo una seconda giovinezza, ma prima, a essere sincera, non ho mai dato tutto a questo sport, dovevo pensare a laurearmi e al lavoro». Ecco la sua arma segreta: la semplicità. Che le permette di fare gruppo, di fare “casino”, di non stare mai zitta, di incitare sempre le compagne. Comunque sia per trovare il successo ha dovuto lasciare Genova ed accasarsi a Firenze. «La pallanuoto femminile non esiste in Liguria, al contrario di quella maschile: quindi è facile capire perché sono emigrata: ma in generale è un movimento che sta soffrendo molto per la mancanza di sponsor. Diciamola alla genovese: ci sono poche palanche».
Dunque commercialista, centroboa, mancina: un mix che l’aiuta a stare a agalla anche quando le difese avversarie cercano di affondarla: «In quei momenti penso ad una sola cosa: riuscire a respirare. È facile dalle gradinate vedere quelle belle lotte e dire: "Guarda come se le danno". Non è vero. C’è il contatto fisico ma al 98% è sempre corretto. Il problema è che se vai sotto devi aver preso aria. Se no... ».
Arriva Maugeri, si torna in albergo: la “piccola Eli” deve staccare, anche se avrebbe continuato a parlare.

Non è genovese in questo: non bisogna cavarle di bocca le parole. Infilato il “tubo” di lana rosso-blu in testa («è una fede di famiglia: abbiamo perso il derby, domenica non ho giocato con molta allegria») si prepara a lasciare la piscina. Pensando già a Pechino.

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