"Commissariato" Luca Cerizza, nuovo curatore del Padiglione Italia

Il progetto vince ma non convince il sottosegretario Sgarbi: troppo fumoso. Il critico lavorerà a stretto contatto con Angelo Cappello non appena riceverà l'incarico. Si pensa a uno spazio per i fumetti

Vittorio Sgarbi
Vittorio Sgarbi
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Partenza in salita, anzi partenza con il dubbio per la prossima Biennale d'Arte di Venezia e, soprattutto, per la curatela del Padiglione Italia. Partiamo dalla notizia ridotta all'osso. Il Ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano, e il Sottosegretario delegato per l'Arte e per l'Architettura Contemporanea, Vittorio Sgarbi, hanno convenuto di nominare Luca Cerizza nel ruolo di Curatore del Padiglione. Dovrà lavorare «in stretto contatto con il nuovo Direttore Generale Angelo Piero Cappello» (tradizionalmente il direttore generale hai il ruolo di Commissario per la Biennale). Ma la nomina è avvenuta, come ha comunicato Sgarbi nonostante le perplessità. Il sottosegretario infatti ha valutato con la proposta di progetto presentata da Cerizza come «difficilmente comprensibile». Ecco allora l'idea di Sgarbi di far sì che «il Commissario Angelo Piero Cappello lavori a un progetto della nuova direzione generale di approfondimento della conoscenza del fumetto italiano e dei grandi illustratori, in collaborazione con Igort». «Il Ministero - ha spiegato Sgarbi - intende potenziare l'attività del Padiglione attraverso la varietà dei generi artistici indipendentemente dalla scelta di un artista». Non sarà un commissariamento, ma un po' ci assomiglia.

Ma come si è arrivati ad una nomina così? Il Giornale lo ha chiesto direttamente al Sottosegretario Sgarbi: «Esiste una procedura che passa attraverso una commissione apposita. È una procedura di legge. La commissione da un certo numero di candidati di cui vengono valutati i titoli sino ad arrivare a dieci nomi. A quel punto viene svolta una valutazione ulteriore, con un progetto completo, e vengono presentati tre candidati finali tra i quali il ministero deve scegliere. Abbiamo scelto il meno peggio, ma secondo me la proposta di programma non è chiara, e quindi, ci lavoreremo».

Quindi sostanzialmente tra i tre finalisti Luca Cerizza, Ilaria Giannini, Luca Lo Pinto, la scelta è caduta su Cerizza come spiega Sgarbi «per esclusione». Della chiarezza della finalità dei progetti giudichi il lettore. In quello di Ilaria Giannini (curatrice e critica d'arte) si legge: «Il progetto si inserisce in un dibattito significativo e attuale come quello dell'ibridazione uomo-macchina e di una visione non scontata del corpo femminile, inteso come puro meccanismo posto in rapporto dialettico con il tema dell'iterazione e dell'alterità, in linea con i temi della mostra di Antonio Pedrosa». In quello di Luca Lo Pinto (Artistic Director presso MACRO): «Il progetto, che si presenta come "opera-mostra" immaginando un contesto immersivo e performativo, esprime la visione innovativa delle pratiche delle giovani generazioni di artisti e curatori con approccio polifonico e multidisciplinare. Grazie anche al coinvolgimento di un network composto da alcune delle figure più rilevanti nel campo delle pratiche interdisciplinari». Quanto al vincitore Luca Cerizza (tra le altre cose docente alla Naba di Berlino): «Il progetto ruota attorno al tema della costruzione di comunità attraverso l'invito all'ascolto dell'altro e propone una rappresentazione monografica, quantunque non antologica, di un artista affermato e riconosciuto a livello nazionale e internazionale».

In sostanza per Sgarbi, prendendo atto che il meccanismo non si può cambiare - «Si potesse nominare direttamente sarebbe tutto diverso... non si può» - questa era la scelta migliore «e poi interverremo parlando con il curatore e attraverso Cappello». Il detto Cappello, con la sua nota prudenza e garbo istituzionale, si limita a dirci: «So che sarò nominato ma, al momento, non ho ancora firmato, prenderò in esame il tutto, in maniera approfondita, appena la nomina ci sarà».

Quanto alla commissione che ha scelto i tre candidati e la metodologia usata, fonti interne dicono al Giornale: «C'era un bando preciso con dei vincoli stringenti, anche per motivi di trasparenza rispetto alla Corte dei conti, i curatori dovevano occuparsi tutti di contemporaneo, presentare al massimo 3 artisti ed essere in linea con quello che propone il curatore di tutta la Biennale Adriano Pedrosa. Ovvero: Foreigners Everywhere.

I dieci progetti della selezione finale erano completi in tutti i dettagli, compreso il fundrasing, i rendering, le tempistiche per realizzarli. I tre finalisti sono quelli che li rispettano meglio». Forse allora il problema era all'origine. E cambiare in corsa vista la natura stringente del bando non sarà facile.

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