L’idea di una commissione d'inchiesta sui fatti relativi ai dossier di Pio Pompa, avanzata da alcuni esponenti del centrosinistra e rilanciata dall'ex direttore del Sismi generale Pollari, è contraria a qualsiasi regola istituzionale oltre che nefasta per la vita politica.
Se vi sono state «deviazioni» da parte del centro di via Nazionale nella raccolta di informazioni e nel loro uso, gli accertamenti spettano al Parlamento che dispone di strumenti adeguati e alla magistratura per i reati precisi. Il Parlamento è attrezzato a vigilare sull'intelligence attraverso il Comitato di controllo sui servizi segreti (Copaco) che procede secondo le regole largamente condivise. Anche la magistratura inquirente sa come intervenire, ed infatti pendono già alcuni procedimenti che dovranno essere trattati nel rispetto delle garanzie individuali di tutti.
Proporre un'altra commissione parlamentare significa strumentalizzare, non importa in quale senso, una materia che andrebbe sempre maneggiata con trasparenza e discrezione, senza intenti propagandistici e tantomeno ricattatori. In questi giorni circolano due teorie esplicative dell'affaire Pompa: l'una che ritiene che tutto l'ambaradam fosse al servizio di Berlusconi che lo usava per colpire gli avversari; l'altra secondo cui ci si troverebbe di fronte a una specie di nuova P2 che agiva per rafforzare il proprio potere. A noi pare che entrambe queste interpretazioni siano sproporzionate alla reale portata di una vicenda che riguarda piuttosto alcuni quaquaraquà in vena di raccattare affarucci e millantare meriti presso i potenti del momento.
Tutto l'affaire potrà in ogni caso essere accertato con gli strumenti parlamentari esistenti e con quelli giudiziari competenti. I parlamentari dovrebbero sapere che le Camere assolvono già la funzione costituzionale del controllo, e che proprio a tal fine è stato costituito il Copaco per i servizi segreti. Chi vuole dare vita a nuovi organismi dimostra soltanto sfiducia verso il Parlamento e fornisce materia prima alla cosiddetta «antipolitica» che delegittima le istituzioni.
Le commissioni di inchiesta parlamentare servono quando ci si trova di fronte a grandi casi di interesse pubblico che non possono essere risolti con gli strumenti ordinari. Dovrebbero sempre concernere questioni specifiche su cui ricercare risposte puntuali in breve tempo. Nelle ultime stagioni, invece, questo tipo di commissioni non è riuscito a dare buona prova perché si sono incagliate in interminabili discussioni senza alcuna conclusione ufficiale. Ripetere tali esperienze significa dare sfogo alla demagogia e alla conflittualità, innescare la spirale perversa dei ricatti, e alzare dei polveroni che servono a nascondere piuttosto che a trovare la verità.
Oggi la politica ha bisogno di chiarezza nelle posizioni e negli obiettivi dei competitori.
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