«È una questione di cameramen, non di camerati. CasaPound è vittima di un riflesso condizionato, di chi ha interesse ad associare la camicia nera alle mascelle quadrate e alle zucche vuote. È un giochino, un intreccio pericoloso. Ma che fa molto comodo». Pietrangelo Buttafuoco conosce bene CasaPound, il centro sociale con l’anima a destra che oggi è finito nel mirino e lo difende. Per questo il suo telefono non smette di squillare. Tutti la stessa domanda: CasaPound è davvero un covo pericoloso che va chiuso al più presto? Gianluca Casseri, l’uomo che ha ammazzato i due senegalesi a Firenze, frequentava il centro e oggi sono molti quelli che puntano il dito e gridano alla chiusura, dimenticando i tanti arresti di militanti, di neo brigatisti nei centri sociali «rossi» che continuano tranquillamente a funzionare e che nessuno ha mai fatto chiudere. «A CasaPound non c’è razzismo e xenofobia. Lì non esiste questa porcheria. Il resto è caricatura che fa comodo ai giornali. Ai cameramen, appunto, che evocano mostri per farne un carnevale ideologico».
Cosa aveva in comune Casseri con CasaPound?
«Niente. Da una parte c’è un ragioniere pazzo, uno squinternato che transita dalle loro parti. Un tipo malato di estremismo, cresciuto con il linguaggio volgare e feroce dei giornali, che vede l’Eurabia e schiuma rabbia, che ha in mente le pisciate e gli sputi sul Battistero. Dall’altra un circolo culturale di altissimo livello che oggi subisce l’attacco e la critica di gente che non conosce questo centro».
Cosa si fa a CasaPound?
«Musica e cultura. Un circuito culturale che ha sedi in tutta Italia. Hanno anche una radio, “Radio Bandiera Nera”».
Nome inquietante.
«Ma no, detto così sembra riduttivo, ma davvero fanno ottimi programmi, hanno il loro gruppo musicale gli Zeta Zero Alfa. Ma non solo, c’è molta solidarietà. È uno dei fulcri al centro. Faccio un esempio concreto: quando c’è stato il terremoto in Abruzzo sono stati tra i primi a organizzare aiuti. Anche se alla notizia dell’arrivo di un nucleo di CasaPound, la comunità magrebina ha avuto paura».
E come è andata a finire?
«Gli africani ringraziarono pubblicamente CasaPound».
E allora perché oggi c’è chi vuole chiudere il centro?
«Additare ora fa comodo alla sinistra, ma anche alla destra. Che usa CasaPound per dire di essere migliore e usa la caricatura del fascista cretino».
A chi si ispirano?
«Alla poetica di Ezra Pound prima di tutto. Orientata al multiculturalismo, all’apertura. CasaPound non appartiene al ’900. Quindi chiamarli fascisti sarebbe come liquidarli, schematizzarli. Loro non sono né di Alleanza nazionale né di altro gruppo politico. Non fanno politica, ma cultura».
Ma un centro sociale di ispirazione fascista non rischia di accendere qualche fiammella d’odio?
«Di sicuro c’è bisogno di una profonda riflessione e ripensamento, ma non ha senso chiudere».
Un centro sociale aperto anche ai non «camerati»?
«Ma sì. Ma certo. Io ci sono andato spesso con Paola Concia. E con tanti altri amici di sinistra».
Oggi Casa Pound ha più o meno consenso di un tempo?
«Il consenso studentesco è
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